martedì 5 marzo 2013

Non c'è colpa nell'affetto

A volte non è facile essere umani.
Umani inteso come umanità, sentimenti, emozioni.
Delicatezze.
Perché a volte essere umani significa anche sapersi ritirare in un angolo e praticare il silenzio.
Le persone sono diverse tutte, le une dalle altre, il loro dolore è dolore, ma vissuto in maniera talmente personale da perdere ogni sua essenza, per essere trasformato in altro.
Ogni dolore è crisalide di sè stesso. E prima o poi la crisalide....
Prima o poi. Sempre. Non si può illudersi.
Anche l'amore è una crisalide. Anche l'odio, la rabbia, il piacere, l'estasi, lo strazio e l'orgasmo. Tutte crisalidi.
Le nostre emozioni non sono mai finite; ogni volta che le proviamo, aumentano, sono golose, ne vogliono ancora.
Finché si tratta di sensazioni piacevoli (anche se non tutti saranno d'accordo), perché giudicare la loro golosità?!
Il problema è che anche il dolore è goloso. Anzi, no, scusate ho sbagliato. Il dolore è affamato.
Affamato di cosa?! Ma come!
Il dolore è affamato di dolore.
Per questo mentre la gioia e il piacere vengono considerati "effimeri", il dolore no.
Perché, come il dolore è affamato di dolore....anche noi lo siamo. Il dolore si nutre di sè stesso e se inizialmente amaro, piano piano, senza che noi ce ne accorgiamo, diventa alla fine come un nettare inebriante.
Il dolore, come la rabbia, si nutre e ci nutre. E' così e non è una perversione di pochi, bensì la realtà di molti e la fine di alcuni.
La verità è che questo ciclo di flagellazione autoinflitta può essere interrotto. Deve essere interrotto.
Non è facile. Non è facile perché oltretutto, non volendo, in genere chi ti sta intorno contribuisce a sfamarti. Perché?! Perché non credono di farlo, anzi credono di sollevarti dalle tue pene piano piano con il loro amore.
Salvo ricordarti continuamente quelle stesse pene.
Ci sono poi persone che trovano emozionante ed a volte esaltante parlare della morte di tal persona e della reazione della figlia/moglie/madre che sia.
Non c'è gossip nella morte e molte persone questo dovrebbero impararlo. Velocemente. E ricordarselo anche bene. Per favore. E grazie.
A me è successo di recente di verificare che, da quando ho perso io i genitori, questo non solo non è cambiato; se possibile è stato quasi trasformato in argomento di quella conversazione leggera che parte dal tempo per arrivare a chi è morto in quale modo e se Grissom ha trovato il colpevole.
Persone che si ammantano di "correttezza", "onestà", professando che il vero amore "specie" in queste situazioni e dire la verità, solo la verità, nient'altro che la verità; per poi affermare con aria saccente che questo è il vero affetto: la verità assoluta, nuda, cruda e attaccata all'anima con chiodi di bara.
Ipocrisia.
Credetemi, ci sono passata. In questi frangenti esiste solo la delicatezza ed il fare del proprio meglio.
Ed il proprio meglio, a volte, consiste in uno sguardo oppure in una stretta di mano. Ho trovato grande conforto in una strizzata d'occhio affettuosa, piuttosto che in un soffocante abbraccio.
Ma non ne faccio colpa agli abbracci, intendiamoci, solo dico che non esiste un "metodo" preciso.
E' vero, a volte non ne parlano, a volte ne parlano troppo, a volte ti soffocano e altre ti lasciano sola.
Quando ho perso mio padre nessuno ne voleva parlare ed io non solo mi sentivo abbandonata, ma anche rabbiosa.Quando è morta mia mamma tutti ne parlavano di continuo, ma quando ne parlavo io sembrava quasi "indelicato" nei loro confronti.
Perché non mi sono arrabbiata e non ho mollato tutto e tutti?!
Perché la prima volta ho mollato tutto e tutti, spinta anche da mia mamma che, come ogni mamma, aveva capito che avevo bisogno di capire.
Ho cambiato città lavoro amici e amore. Anche se di amica, in quella città ne avevo già una, che niente e nessuno potrà mai sostituire. Ho ricreato una vita dal nulla, la mia; ho ascoltato, urlato, odiato pianto e alla fine, capito.
La seconda volta avevo imparato che la mia rabbia sarebbe stata del tutto ingiustificata.
E' vero, non mi hanno ascoltato. E' vero, si sono sentiti quasi "offesi" quando cercavo di parlarne ed alcuni addirittura piangevano "al posto mio" quando parlavo di mia mamma.
Ho sentito più calore in estranei che la conoscevano da giovane, che in amici di adesso, che credevano di conoscerla talmente bene da ottenere da me una silenziosa condiscendenza.
Ho sentito persone "rimproverarla" da morta (e grazie, questo lo sapevo fare anche io), perché da viva era difficile se non sconsigliabile  :D
Persone accusare mio padre di fantomatiche negligenze, per dimostrare che loro lo "conoscevano bene"...
Infine ho visto allontanarsi da me persone su cui avevo certezza di poter contare e per cui credevo di aver contato. Ma anche questo accade.
Ed ancora non mi sono arrabbiata.
E questo per un semplice motivo.
Perché, che noi lo si possa capire, accettare o meno, non c'è colpa nel non sapere come affrontare la perdita ultima. Non c'è colpa nel voler essere quelli giusti nel momento giusto e non c'è colpa nel voler a tutti i costi "risolvere" la situazione o gestire il dolore altrui.
Insomma.
Non c'è colpa nell'affetto.

Ricordatevelo sempre.