martedì 29 luglio 2014

Varie specie....ma di cosa?!

Ai bugiardi

A volte restiamo prigionieri delle nostre stesse bugie, del nostro nascondersi, senza rendersi conto che, a forza di farlo, le nostre menzogne, le nostre false convinzioni diventano vere; quantomeno ai nostri occhi. Se andate a grattare sotto la vernice, ci sono solo mura fatte di sabbia, fondamenta costruite su rena di palude e tutto quello che dobbiamo fare è aprire la porta di casa e guardarci alle spalle. I muri sono scalcinati, dove noi li vedevamo ben tenuti.
Le persiane pencolano, dove le vedevamo come nuove, le piante si accartocciano buie su loro stesse, quando fino a ieri ne sentivate la fragranza.

Avviso agli Psicopatici

A tutti gli Psicopatici!!!! Avete rotto il cazzo! Se non siete in grado di vivere la vostra vita o di risolvere i vostri problemi serenamente e con l'aiuto degli altri, magari ascoltandoli pure.....levatevi dai fottuti coglioni e continuate a rovinare la vostra di vita, invece che cercare di distruggere quella degli altri di modo che la vostra sembri più solida. Fanculo. Non meritate alcuna attenzione, né comprensione. né ho intenzione di darvene un briciolo in più. Se questo post vi tocca è perché evidentemente qualcosa di questo vi riguarda. E me ne sbatto.
Mi scuso per il linguaggio che solitamente non uso, ma solo quello gli psicopatici comprendono.


Specchi di legno

Si dice "ma hai gli specchi di legno a casa?!" a chi esce spettinato, o sembra vestito al buio, o fa commenti su altri invece che guardare a se stesso.
Questo secondo me vale anche con chi fa proselitismo spacciandosi per grande saggio o come persona di grande esperienza di vita. Ma se si potesse guardare attraverso le finestre di quella persona, non sarebbe né saggezza, né esperienza di vita quello che vedremmo, ma, per citare de André " si sa che la gente da buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente da buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio....". Quello vedremmo. E anche tutti specchi di legno. Una casa intera con specchi di legno. Per non potersi vedere. Per non doversi scontrare con la verità su se stessi.
Perché se anche la persona in questione avesse una benché minima scintilla intellettiva, non potrebbe non notare il beffardo sorriso dall'altra parte dello specchio. Lo sguardo di triste resa, la dolorosa comprensione.
E sebbene proverei un incredibile gusto ad entrare nottetempo a sostituire tutti gli specchi, alla fine sarei solo come loro. Così gonfi di loro stessi da non rendersi conto di quanto pochi siano.

I fuggitivi

I fuggitivi sono quelli che non accettano la realtà come essa è. Ma invece di ribellarsi, arrabbiarsi o lavorare per renderla più simile alle loro aspettative, si limitano a fuggire in una loro realtà alternativa e parallela, dove trasformano qualsiasi gesto o parola della realtà reale (o come tale considerata) a modo loro. Ogni discorso è un fanta-discorso, ogni gesto un fanta-gesto. Tutto verte al cancellare ogni cosa che non torni con la loro agognata realtà. Perché poiché ogni cosa deve aderire come una pellicola alla realtà fantasiosa in cui si chiudono, esse non sentono le vostre parole. Mentre fluttuano nell'aria dalla bocca all'orecchio, esse si trasformano in modo da essere quelle "giuste".
Qualsiasi errore viene perdonato, poiché va a finire nel fanta-cestino.
E quindi queste persone si fondono anche con la famiglia dei bugiardi, ma ne sono l'evoluzione. Perché i bugiardi, almeno inizialmente si rendono conto di esserlo. Per i fuggitivi mentire è insito nel dna. Non imparano a mentire. Nascono con la menzogna nella mente. E lo fanno continuamente, su tutto, fosse anche il colore della carta igienica che usano.
E quindi a meno di non essere capaci di vedere attraverso la pellicola si cade vittime del loro fanta-mondo, per poi trovarsi schiacciati quando si scontra con il tuo real-mondo, perché non sei preparata ed hai ciecamente ed in buona fede creduto a tutto ciò che quella persona vi ha detto.

I presunti amici e/o vampiri

Non presunti da noi. Essi si presumono amici, per poi dimostrare ampiamente di esserlo nei termini che a loro più fan comodo.
Sono quelle persone che ti ronzano intorno come le api al miele per poi cambiare direzione appena trovano un nuovo miele, magari anche solo apparentemente più dolce, per poi tornare quando scoprono che il miele per cui hanno abbandonato il primo era poco, è finito presto, oppure era amaro e non di loro gusto.
Sono quelle per cui sei il miglior amico/a in assoluto fino a quando stai bene ed il tuo orecchio è interamente a loro disposizione. Perché il loro è affaticato dal loro continuo ascoltarsi, dato che amano particolarmente la loro voce, di modo che ahimè....per le tue parole non c'è più spazio. E poi si allontanano lentamente, per non passar male agli occhi del pubblico intorno....perché non notino come muti la loro ombra mentre si allontanano, da ciò che dicevano di essere a ciò che realmente sono.
Queste persone possono restare nella nostra vita per anni. Sono abili a rientrare quando è quasi tardi ed uscire quando ancora non sei abbastanza sveglia da renderti conto che lo stiano facendo.
MA!!! Non sempre ci azzeccano con gli orari. Son brave a farti tornare su i tuoi passi, anche perché scelgono sempre accuratamente le loro prede....ma alla fine, in un modo o in un altro, la prima preda le schiaccia e le allontana, lasciandole libere di trovarne un'altra, magari persino più compiacente.

Fino a questo momento sono andata avanti a scrivere questo post da circa due mesi buoni. In questi mesi, come vedete, ho avuto il piacere e la fortuna di avere a portata di mano alcuni di questi soggetti; abbastanza per poterne cogliere l'essenza, ma non abbastanza da non poterli allontanare.
Però sento che ancora manca qualcosa. Sono circondata come da....un senso di attesa. Sento che ancora qualcuno si deve mostrare...aspetterò e poi finirò il post.
Non cambiate canale!!!

Eccomi di nuovo!!! Trovata!!! Ve lo avevo detto che sentivo che qualcosa mancava, una specie mi sfuggiva....ed eccola qua!!! L'ho trovata; aspettando un po' alla fine si trova tutto. E quindi ecco a voi:

 Pseudo-medici

Gli pseudo-medici sono quelli che, avendo imparato a memoria l'enciclopedia medica, avendo letto tutti vari post medici, salutisti o altro, iniziano a dispensare rimedi più o meno medici, omeopatici, magici, fiori di Bach, oli essenziali, tinture madri,e, sotto severi controlli da parte del Professor Piton,  forniscono anche la ricetta della pozione polisucco.....
Ad ogni modo sono soggetti meravigliosi. Hanno un rimedio per tutto, una ricetta per tutto, ma, soprattutto, ciò che loro dicono sarà sempre  e comunque più efficacie di ciò che i medici professano essere la miglior cura al grido di: "Tanto si sa come sono i medici, ti danno una medicina e via". 
Ora, io non ho particolare simpatia per i medici, dato che li frequento sin da piccola....ma secondo me, ed è solo un mio modesto parere s'intende, qualcosina in più di voi di medicina ne sanno.
Io non dico che sappiano tutto, anzi spesso dimenticano che siamo pazienti e non numeri, ma ad ogni modo non puoi mica essere tu il mio medico!!!
Allora, il grave errore è non svegliarsi totalmente prima di condividere qualcosa che sia diverso da una battuta o da un post scherzoso. E' mattina, sei sovrappensiero e scrivi: "ragazzi che palle questo raffreddore!!" ed ecco, non hai finito di pubblicarlo che parte il pippone sanitario " eh guarda, è questa stagione, dovresti provare con gli infusi, per esempio se fai le fumenta di eucalipto". Oppure " non prendere l'aspirina o la tachipirina che abbassano la pressione. Meglio se usi roba naturale, se vuoi ti do l'indirizzo di un'erboristeria...". 
E no. E no. Non va bene.
A prescindere che a 40 anni penso di sapere come gestire un raffreddore (non stiamo parlando di labirintite o mononucleosi), mi rendo anche conto che la cretina sono io che mi sono permessa di postare la mia situazione clinica.....ma porca eva (scusa eva) mica ho messo la mia scheda clinica con anamnesi allegata a partire da quando avevo 5 anni. Mi sono limitata a dire che avevo il raffreddore! 
Allora, mi sono stati proposti rimedi medici che potrebbero guarire la gotta, l'epatite e ripulire i reni, migliorare la circolazione, fare il caffè e portarti la colazione a letto, portarti a spasso il cane. Ma..ma...scusa, io..io avevo solo un banale raffreddore... 
Eeeehhh, ma si può mica sapere eh! 
Il raffreddore potrebbe essere sintomo di qualcosa di grave, peste, colera, solita epatite e non aggiungo altro. Con queste persone dovresti vivere in una gabbia di ferro (da toccare di continuo) circondata da legno (a cui fare le corna) e cornetti di corallo come se non ci fosse un domani (appunto) da baciare....guardate che non è bello....
Quindi se qualcuno, nelle vostre cerchie di amicizie, è uno pseudo.medico, attenti, mi raccomando....che voi non siete mai stati malati in vita vostra. Non avrete mai il raffreddore e non vi distraete assolutamente. Guai se vi scappa detto che vi siete schiacciato un mignolo nel cassetto, che rischiate l'amputazione preventiva!!!! 

I solutori

Attenzione. Non contraddirli. Mai. Poiché loro sanno. Essi conoscono. L'universo ha parlato e tu non capisci un cazzo.
Sostanzialmente li muove la generosità che porta ogni essere illuminato a dividere parte della sua conoscenza, quella che la tua limitata mente può capire, con gli esseri inferiori di cui il loro mondo è, ahimè, sovraffollato.
Essi hanno la soluzione. Ed è incontrastabile. Infallibile. Verbo.
Per esempio: 
Hai preso dei chili?! Bicicletta, mangiare molte proteine. Verdure. Frutta. Ovviamente pane, pasta e carboidrati banditi a morte per sempre. 
Hai mal di testa e vertigini? Sdraiarsi al buio, occhi chiusi, immobili come la mummia di Tutankhamon, perché, senza ombra di dubbio, è cefalea. 
Dolori alle gambe, ai legamenti o altro?! Arnica, non prendete assolutamente pomate o altro. No. Sicuramente è epicondilite o infiammazione femorale, del nervo sciatico e quindi non vi è altro rimedio. Punto.
Pelle secca sui gomiti?! E' psoriasi. E' di origine psicologica. Sei stressata, tesa e forse pure nevrotica. 
Ecco. Risolto.
Vedete?! Non ci sono assolutamente problemi. I solutori sanno.
E non solo! Non si limitano a risolvere problemi medici. 
Risolvono tutto. 
Problemi di lavoro, casa, situazioni sentimentali! Chiedete ai solutori essi sapranno come illuminarvi e portarvi conoscenza. 

Venghino venghino siore e siori, al grande spettacolo della vita!!!! Giganti, nani e ballerine!!!


Avvertenze 

Dopo aver letto tutto mi raccomando di ricordare una cosa: chiunque di noi potrebbe essere, almeno una volta nella vita, uno di questi personaggi quindi stiamo attenti!!! Io comunque punterei sui solutori! Appartengono ad un po' di tutte le specie e soprattutto stanno equamente sul cazzo a tutti!!! 








venerdì 4 luglio 2014

Il tempo per essere umani!!!

Sono qui. che mi chiedo cosa posso mai dire, con tutto quello che ho da dire.
Penserete che finalmente il poco cervello che avevo si sia deciso a dare un taglio alla nostra lunga e travagliata relazione, che spesso si trascinava pigra, la mattina tardi...che comunque per me era praticamente l'alba.
Bene ricominciamo. Sto sproloquiando e sebbene io mi capisca, teoricamente dovrei far capire anche a voi cosa intendo.
La verità è che avrei milioni di cose da dire ( anche meno ma la parola milioni fa sempre il suo effetto); sensazioni da descrivere, negatività da condividere, piccole gioie da raccontare e, perché no, sorrisi anch'essi da condividere.
Solo che tutte queste cose si spintonano, si spingono, soffocandosi le une con le altre per essere le prime ad uscire. Risultato: il mio cervello è intasato di pensieri. Han fatto massa e quindi son fermi lì. Incastrati l'uno con l'altro per la fretta di esplodere fuori dalle mie mani. Ottimo. No, davvero. Gran risultato. Io sono qui, che fischio come un bollitore da quanto son satura e loro mi tappano sempre più forte.
Va a finire che nemmeno oggi mi bevo la mia tisana....
E' che sono delusa. Delusa da alcune persone. Arrabbiata con me stessa. Orgogliosa di me stessa anche, perché sto lottando per fare ciò che devo fare, ma che assolutamente non voglio fare.
Fare. Una volta in più ci sta bene.
Fare è un bel verbo. E' pesante, forte, difficile da usare, importante.Fare.
Vorresti muoverti. Ti rendi conto che sei pesante...le gambe non obbediscono. Le mani fan finta di niente e sfarfallano a vuoto.
Gli occhi guardano qua e là imbarazzati, senza niente vedere. Respiri per abitudine.
Sai che devi fare. Ma, Dio, come pesa.
Allora inizi dalle cose facili. Inizi a scrivere, con tutta l'intenzione di prendere a scudisciate i tuoi pensieri capricciosi.
Prendi il mal di stomaco a due mani e ti alzi (fatto), prendi la macchinetta del caffè (fatto) la sciacqui pensando " uff che ansia" (fatto) metti il caffè nel benedetto dosatore che è vuoto, sparpagliando, come da manuale, il caffè che infido si annida nel tappo su tutto l'acquaio (fatto) chiudi la macchina da caffè e accendi il fuoco. Fatto!!!
Vi sembrerà una sciocchezza. No signori, se ci siete passati, almeno una volta nella vostra vita, saprete che ho fatto qualcosa di incredibile, considerando di che umore mi son svegliata.
Perché vedete, a volte l'essere umano ha bisogno di essere umano.
Basta con i soliti discorsi "produci, consuma, crepa" (cit. CCCP). Basta con i discorsi " dai dai dai, riprenditi"- "da cosa?"- Beh, da questa situazione"- "quale situazione?!" (chiedo con un sorriso malvagio, perché in quel momento mi sento deliziosamente schifata)- "beh dai, questa, la tua"-.
La mia. Interessante come sia facile dire "la tua". Senza minimamente sapere quale sia. Tu sai le cause che hanno portato alla mia "situazione", non quale sia la situazione.
Oppure quelli che dicono, fieri e convinti "dai, che tutto passa". Ma sei un coglione. Scusate il francesismo.
Ma chi te l'ha detto. Ma vivi in un film e alla fine ti sei fumato la pellicola?!
Non passa. Lo accetti e fa meno male. Lo affronti e riesci a sorriderne e riderne. Ma non passa.
"Beh se sorridi vedi che è passato".
Braccia che si abbandonano lungo il corpo dicendo "scusa, se non faccio così lo cardo fitto fitto" (cardare= riempire di manate bene bene).
E pensi a queste banalità, che nascondono solo il desiderio di poter andare avanti senza sentirti in colpa perché non puoi fare niente. Per non sentirsi in obbligo di chiedere "come stai" per paura che la persona risponda.
Ma allora non mi consoci, non hai capito niente.
Vedi, certe persone non acquisiscono nella loro vita abbastanza autocoscienza per rendersi conto di cosa sta loro capitando. O forse non hanno avuto accanto persone che, si dalla tenera età, le hanno spinte a farlo, volenti o nolenti.
E quindi si sentono "in dovere" di qualcosa. Non sanno di cosa. Ma si sentono in dovere di qualcosa. Si sentono colpevoli....ma di cosa?!
Io so come mi sento. So come mai mi sento. E soprattutto in questo momento il mio sentire è una scelta cosciente e meditata.
Perché l'essere umano ha bisogno di essere umano. Di più: l'essere umano ha il diritto di essere umano.
Non date retta a chi dice che bisogna andare avanti non pensarci farsi forza e blablabla.
Non è vero! Non siete obbligati. Certo è giusto farlo. Ripeto è giusto farlo.
Ma avete diritto ad un periodo di abbandono. Ne abbiamo tutti diritto. Rifiutarselo non è un segno di forza, ma di stoltezza, il non voler accettare i propri limiti. Bene, devi riposarti, sei sfinito, svuotato, perso. Abbandonati! Non per sempre. Non mollare, quello no, mai. Ma manda affanculo ( in antico prebabilonese si legge : indicare gentilmente la via a persone non gradite) chi ti vuole come meglio li fa sentire.
Non curartene. Fai il bozzolo ed escine farfalla.
Rendi te stesso al mondo. Tenersi dentro tutto e raccontarsi cose come " non posso mollare, devo farlo per..." "devo farmi vedere forte altrimenti penseranno che...".
E allora?! Che pensino. Chi realmente ti ama preferirà sapere che ti stai fermando, riposando, ti stai riassorbendo per poi ripartire. E perché mi dovrei curare di ciò che gli altri pensano di me, se, umanamente, mi fermo e accolgo in me tutto ciò che ho tenuto fuori fino ad ora, per poi fare in modo che mi renda migliore?!
Saranno loro a morire con te?! A soffrire del tuo male?! Saranno queste persone che "pensano" ad affiancarti nel tuo cammino, faticoso o lieto che sia?!.
Una donna che va a giocare dove lavoravo io prima mi disse "sai perché mi vesto come mi pare, anche se mi prendono in giro?! Perché sceglieranno per me solo quando sarò morta, dato che nella bara non ci saranno loro."
E mio padre, quando stava male mi disse " io non rimpiango la mia vita, ho fatto ciò che ritenevo giusto in piena coscienza e rispettando gli altri per quanto ho potuto. Ma ho vissuto la mia vita e non la loro. Quindi mi raccomando, vivi la tua e sii felice, anche se io non ci sarò, topina". Ed è quello che sto facendo.
Ho fatto scelte sbagliate?! Sì. Ho fatto scelte giuste?! Anche. Credo però di non aver fatto scelte "guidate".
A volte penso a quello che avrei potuto fare in alcune occasioni, che avrei potuto fare diversamente in quelle occasioni, poi mi rendo conto che io sono quella che sono proprio in seguito a determinate scelte.
Quindi se mi lascio andare non permetto a nessuno di disturbare il mio riposo.
Tanto so che se si prolungherà troppo a lungo, giungeranno le voci delle valchirie!!!
La prima sarà la mamma Carla "MARTINA!!! (perché urlerà) allora! Vediamo di darci una mossa! Non ti posso vedere tutto il giorno così! Avanti! I punti esclamativi ci saranno tutti.
Poi quella (viva) della mamma surrogata, la Susi, che mi dice "cosa ti ho detto?! Quando inizierai a trascurare la casa o te stessa, tipo non truccarti o non stare attenta ai colori che hai addosso, quello sarà il momento di rimettersi in moto. Quando la casa inizierà a guardarti passare con astio, allora riparti perché il terreno si fa scivoloso".
E poi, a mitigare il tutto, arriverà la voce di mio padre " su, topina, non ti abbattere, possiamo sempre ricominciare. Dobbiamo migliorare traendo insegnamento da quel che ci accade. Avanti su, andiamo."
E allora ripartirò. Serena (nonostante gli urli materni); avendo però riposato.
Mi sarò presa il mio tempo e avrò assimilato. Allontanando quelle persone che credono di far del bene per star bene.
Se la vostra preoccupazione fosse sincera, chiedereste. invece che supporre, vi informereste invece che inventare o basarvi su pettegolezzi di persone che non sanno di cosa parlano.
Io non ho problemi a chiedere aiuto. Faccio da sola finché posso, ma se ad un certo punto non arrivo da sola, non mi vergogno a chiedere aiuto, perché non c'è vergogna nell'umiltà. Quando uno ha fatto tutto ciò che è in suo potere, allora può anche chiedere aiuto.
E quindi non avrei problemi a chiederne.
Come non ho problemi ad affrontare il mio stato. Perché so come sto, ma soprattutto, perché ho scelto io di stare così per il tempo necessario.
E sebbene i miei pensieri continuino a far tappo, almeno ho tirato fuori qualche perplessità circa le cose che sento o che mi vengon dette. E anche qualche riflessione su quel che accade. Sì, insomma......sulla "situazione" (qui il pubblico fa "oooooo" ).

E buona "situazione" a tutti!!!! Prendetevi il tempo di essere umani!!!! Ne vale la pena!

lunedì 21 aprile 2014

Si raccoglie ciò che si semina

Ci sono poche cose che non sopporto. O meglio, ci sono molte cose che non sopporto, come la maggior parte delle persone, ma ce ne sono poche che davvero non tollero.
E quelle che non tollero mi riempiono di un senso di rabbia frustrazione e ansia.
Rabbia perché non le tollero, come detto sopra.
Frustrazione perché in generale queste cose non puoi gestirle come sarebbe tua intenzione fare.
Ansia perché so che in qualche modo, in qualche momento, quando meno me lo aspetterò verrò presa in contropiede da me stessa e quel che ho tenuto fino a quel momento...uscirà dal portone principale come se niente fosse. A nulla varranno le proteste delle guardie. Non si può fermare la follia.
O la vena tappata; chiamatela come meglio preferite.
Ci sono persone che credono di conoscerti benissimo, perché ti frequentano da più di due anni.
No, per inciso, non mi conoscete.
Sono convinte di conoscermi perché ho detto loro il 20% di ciò che riguarda la mia vita.
Ora, naturalmente parliamo di persone che non distinguono il parlare dal dire. Che non capiscono che parlare per ore, non significa essere messi al corrente per ore di cose strettamente personali.
Al contrario, se provi a parlare rispondono "ho capito" prima che tu riesca a finire il discorso ( e questa è una delle cose che porta la mia vena a tapparsi al 60%) e quindi si fanno il loro film personale portando inevitabilmente ad un prossimo e non ben identificato disastro. Perché è questo che fanno queste persone, creano danni indicibili, totalmente inconsapevoli di farlo in quanto non ascoltano. Loro "hanno capito".
Poi ci sono le persone che credono di conoscerti e si confondono pensando che conoscendoti possono parlare di te a chicchessia ed in totale libertà.
Questo non lo tollero assolutamente.
Primo, le persone che mi conoscono davvero, sono quelle che sanno che i miei affari personali sono appunto "personali". Quindi non vanno certo a raccontarle in giro, anzi non lo fanno e se lo fanno, io lo so (o lo vengo a sapere e qui si torna ai non-amici che credono di esserlo...).
Chi non mi conosce lo fa non sapendo che non è concesso perdono per una cosa del genere.
Non ho intenzione di togliere la parola a nessuno, non siamo all'asilo, mi limiterò a non dire più niente, continuando a chiacchierare a ruota libera. La cortesia è d'obbligo.
Secondo: se non si rende conto che quello che fa dimostra una totale mancanza di rispetto verso la mia persona, non ho più alcun motivo per portare rispetto a mia volta.
La cosa divertente è che dopo avermi offeso pesantemente con un comportamento così insensibile, si permettono di essere offese loro.
Cercano di farti sentire in qualche modo colpevole delle loro colpe.
Ora...se mi avessero ascoltato davvero, avrebbero capito che questo con me non funziona.
Funziona solo per quanto riguarda le mie colpe. Se ho una colpa non solo la sento, ma la soffro. E come tutti noi ho delle colpe, ed alcune di quelle che ho sono colpe che non sono sicura di avere, ma che comunque per ora sto pagando.
Ma le colpe degli altri sono degli altri e su loro ricadano, per quanto mi riguarda.
Posso cercare di rimediare, una, due, tre volte. Dopo di che....diciamoci la verità: non vuoi che le tue colpe vengano risolte. Anzi, vuoi che ti aiuti ad averne altre per poi poterle espiare.
Mi spiace. Non convivo bene con i gesuiti. Che ci vuoi fare.
Farmi arrabbiare per poi farsi perdonare può funzionare le prime due volte, quando ancora spero che sia una mia impressione. Da quando diventa una certezza sei fuori.
Altra cosa che non tollero è essere coinvolta in un qualcosa di personale (nel quale io non dovrei nemmeno avere il ruolo di una bicicletta che passa per la strada) per poter sempre avere  un punto di appoggio, oppure un testimone, uno spettatore innocente obbligato a far parte di un film che non gli è mai piaciuto.
Tali situazioni mi causano un'immensa ansia, dato che vengo trascinata contro la mia volontà, espressa chiaramente, di essere parte di tale situazione. E nonostante lo dica, lo ridica e lo ripeta, questo viene fatto e rifatto.
E questo non solo mi provoca ansia...no, non solo.
Mi provoca uno stato di perenne ed incontrollabile rabbia. Perché non è normale. Non è normale, non è umano, non è corretto, maturo. Fare del male agli altri per la propria soddisfazione personale è sbagliato.
Quindi io, per sentirmi soddisfatta, dopo quello che mi è successo in questi ultimi anni...ditemi, cosa dovrei, potrei e sarei autorizzata a fare?!
Perché queste persone si difendono dietro queste motivazioni.
-Perché mi è successo.
-Perché con quello che mi è stato detto.
-Per quello che mi è stato fatto...
-Sono una vittima...povero me...noi non volevamo...blablabla...
No, a voi è successo quello che a tutti è successo.
Siamo stati tutti male, abbiamo sofferto tutti, abbiamo tutti pianto i nostri vivi ed i nostri morti. Abbiamo tutti creduto e perso la fede e poi l'abbiamo ritrovata o non.
Abbiamo tutti fatto errori che non riusciamo a perdonarci ed altri che ci nascondiamo nonostante siano alla luce del sole.
Questo non ci autorizza e, ripeto, non autorizza nessuno a far del male agli altri, per alcun motivo.
La trascuratezza non ha scuse.
L'ignoranza non ha scuse.
La superficialità, la mancanza di rispetto, la fame di attenzione, il desiderio di esserci e la sindrome di vodafone non hanno scuse.
Queste persone, che sbandierano ai quattro venti di conoscerti per potersi dare una scusa mentre ti infilano le mani in tasca e passano il tuo portafoglio al primo della fila, non meritano né la mia conoscenza né tanto meno il mio affetto.
Queste persone che ti coinvolgono affinché tu sia la terra in cui piantare le proprie paure e le proprie ansie, lo scudo dietro il quale nascondersi dai propri errori, non meritano nessuna delle persone e delle cose che amo.
In effetti il problema sta nel fatto che le persone "hocapito" (scritto volutamente tutto attaccato cari) sono quelle che non capiscono perché non vogliono capire. Perché se capissero non potrebbero più fare come desiderano, scatenare le conseguenze che sanno di scatenare e poi essere confortate e difese da una manica di stupidi ( solitamente sono in mezzo a quelli ), almeno finché non afferrano la verità.
A quel punto cambiano vivaio in cerca di nuovi vigorosi e innocenti virgulti da crescere.
E' ovvio che queste cose non vengano tollerate non solo da me, ma da molti.
Eppure nessuno ci pensa. Nessuno ci pensa finché non arriva al punto di rottura.
Alcune cose non si possono perdonare.
Da questo post sembrerebbe che io sia una persona intransigente.
Ma sono diversi anni che sento dire da alcune persone -che mi conoscono-. Che sanno come sono. Che "siamo amici, dai", per poi sentire parole senza senso uscire da quelle stesse bocche, sapere di comportamenti ed atteggiamenti solo per caso. Perché qualcuno -oooppss non lo sapevi, mi raccomando non dire che te lo ho detto io-.
E certo.
Sapere che, nonostante "ti conoscano", riescano a dire e fare cose incredibili, offendersi perché mi hanno offeso, offendersi se ho altri amici ed altre persone a cui rivolgermi e con le quali amo passare il mio tempo.
Ma stiamo scherzando?!
Mia nonna non si offende se non la chiamo per Pasqua! Se vado a pranzo con mia zia senza di lei! Ed è mia nonna! Mia nonna!
Voglio dire. E' come se mia madre mi avesse detto "certo che stronza, esci con l'amanda e nemmeno mi chiami"...
La marzianità.
Come se mio padre mi avesse detto "vai a bere con gli amici e non mi inviti alla festa".
Davvero. Siamo all'assurdo!
Come se Ello mi dicesse "sei uscita con tua sorella per parlare da sole fra di voi e nemmeno mi chiedi di venire".
Ci sono cose che sono mie. Solo mie. Amicizie personali. Vicende personali. Scelte personali ed amicizie individuali.
Non esiste la simbiosi totale. Lo so io. Lo sa il mio compagno. Lo sanno i miei amici (quelli veri, repetita iuvant). Solo il pensare di doverlo spiegare mi fa rabbrividire.
Tutti noi dividiamo tutti. Con i genitori se siamo sorelle o fratelli. Condividiamo il compagno/a con amici, genitori e lavoro.
Dividiamo noi stessi con noi stessi.
Non esistono rapporti completamente e totalmente esclusivi. E se esistono sono conosciuti solo alle due persone in questione.
Quindi non esiste stizzirsi perché io ho affetto per qualcun altro o perché sono in grado di fare le cose da sola.
Persone che mi porterebbero anche in bagno se potessero. Che dicono " ma fai da te?!" o ti vogliono spiegare come fare le cose....scusate, non per fare la polemica, ma se non so come fare una cosa o mi informo o sono io la prima a chiederla ed a chiedere aiuto. Anche perché una persona con una minima coscienza di se, non si vergogna a chiedere aiuto, né si sente debole o meno capace nel farlo.
Quindi se non ti chiedo aiuto o dico "tranquilla/o faccio da me" non puoi né mettermi il broncio, né insistere nell'affermare che ad ogni modo non lo sai fare come dici di saperlo fare o come io dico che tu debba saperlo fare e così via, così via di seguito.
Si trattasse anche di lavarsi i denti.
Non è sano. Non lo è per niente.
E ora cosa fareste se vi dicessi che tutto questo, tutta questa frustrazione, rabbia, ansia che vi sta gonfiando in petto non potreste in alcun modo sfogarla?!
Se persone come queste fossero così astute nel mettersi in una posizione che le rendano inattaccabili, o quantomeno difficilmente raggiungibili come bersaglio della vostra furia?! Cosa fareste?! Vi dibattereste nella vostra rabbia, frustrazione ed ansia.
E questo non farebbe che aumentare l'ansia. E aumentando l'ansia aumenta la rabbia. Ed aumentando la rabbia aumenta la frustrazione.
Che aumenta l'ansia.
Ecco. Come vi sentireste?! Nel mio caso schiumerei di rabbia in silenzio, al buio, ringhiando sommessa nella mia tana. Aspetterei che mi passasse quantomeno la schiuma, che non fa belli, al contrario della pioggia.
Mangerei cioccolata per giorni. Mi prenderei il tempo della convalescenza per placare la fame.
Parlerei con gli amici, quei pochi, con cui mi sentirei libera nelle parole.
Aspetterei che l'animale che ringhia e sbuffa perdesse vigore, si arrendesse e mugolando si assopisse, sebbene con le orecchie sempre dritte.
Ecco, direi che in questo momento mi sento proprio in questa situazione.
E gli amici mi chiedono come faccia ad essere così controllata.
Semplice, se dentro infuria la tempesta, ma la tempesta non può infuriare, non c'è altra soluzione che far splendere il sole.
Che dire?! Certo, verrà il momento ( non troppo lontano direi ) in cui dai e dai il sole verrà a mancare, si offuscherà, si nasconderà dietro le montagne e si limiterà ad osservare la tempesta che infuria, con un mezzo sorriso che vuol dire " Si raccoglie ciò che si semina".




giovedì 10 aprile 2014

Burocrati sull'orlo di una crisi di nervi

Sono creature mitologiche, parte uomo parte scrivania- uomo inteso come umanità, tanto per rispetto alla par condicio.
Mangiano fogli ma mal li digeriscono a causa delle troppe parole. Soprattutto quelle lunghe che finiscono in "-mente", come definitivamente, finalmente, qualitativamente.....insomma "mente"....
Sono povere anime confuse che vagano fra comma e comma e, quando messe difronte a persone dotate di conoscenza fosse anche pseudo-legale, simulano svenimenti, ipossia, improvvisi attacchi di perdita di memoria a breve termine.
Se poi chiedi erroneamente - e mente non piace al burocrate - di visionare fascicoli, o solo fogli, o addirittura un pizzino unto con scarabocchiato un mezzo numero...allora scatta un meccanismo mentale in seguito al quale svengono e cadono a terra come pupazzi di carne...avete presente la scena di Matrix in cui Apoc e Switch cadono a terra perché Cypher gli stacca la spina sulla Nabucodonosor?! Ecco uguale, cadono a terra privi di peso. Come non avessero ossa a sostenerli.
Bravissimi. Loro si meritano l'Oscar, mica quei dilettanti di Hollywood!!!!
Dopodiché pronunci la parola "avvocato" oppure "mi rivolgerò alle autorità competenti" -insomma una qualsiasi frase che possa risvegliare in loro qualche similitudine linguistica. Ed hop!! Eccoli fare il pupazzo a molla.
Faticoso, credetemi; sostenere una conversazione con un burocrate, ma uno di quelli VERI, non quelli che fanno il loro lavoro, lo sanno fare, ma sono sfiniti e quindi a volte scortesi. No. Quelle sono persone che lavorano estenuantemente (-mente- sì, lo dico apposta) facendo anche il lavoro dei VERI burocrati.
Essi si aggirano furtivi la notte, scambiando faldoni, perdendo fogli e documenti, fanno numerose fotocopie e le sparpagliano per gli uffici. Nascondo file, e ridacchiano con denti appuntiti e occhietti maligni.
Sto esagerando me ne rendo conto. Ma non so perché, li immagino come goblin dispettosi che amano complicare le cose ai colleghi quanto ai poveri utenti finali.
Sì. Ebbene sì. Siamo "utenti". E dobbiamo farcene una ragione.
Ad ogni modo ho avuto un interessante incontro, proprio settimana scorsa, con un gobl...ehm, con un burocrate. Anzi due.
La seconda non credo fosse un goblin, no. Sembrava più una specie di famiglio.
L'ho soprannominata Tippete, ma ho sbagliato, sembrava più la fata Serenella, un po' sbadata, sfarfallante. Però, non so perché, era "tippete" il nome che meglio le si addiceva.
Quell'altra era proprio un goblin...quindi è evidente che c'è un complotto in atto.
Ad ogni modo mi sono recata dai burocrati con il solo scopo di firmare un foglio. Un semplice, breve, insulso foglio, che avrebbe potuto battere a macchina (nemmeno al computer) anche mio nipote di otto anni, senza dubbio in un italiano più corretto.
Insomma. Alle due e mezzo di giovedì entro nell'ufficio. Chiedo di poter parlare con un responsabile.
Esco alle quattro e mezzo senza aver firmato niente; devo tornare la mattina seguente con dei fogli (io!), per poter firmare un foglio...
Non dite niente.
In quelle due ore io ho ripetuto prima a tippete, poi al goblin, poi ad entrambe in stereo, quello che mi era stato spiegato da un loro collega (sigh!) e che, di conseguenza, ero andata da loro per firmare un foglio, che loro non sapevano andasse firmato, ma- d'altro canto- forse sì, si dovrebbe firmare, però prima ci vuole un foglio che dimostri che io devo firmare il foglio che non si sa se va firmato ma già che ci siamo firmiamolo.
- Ma può spiegarmi meglio cosa le ha detto il collega che dovrebbe firmare cosa?- No, cara, cosa lo dico io.
La guardo. Niente scintilla. Sguardo bovino.
Ricomincio pazientemente come fosse una bambina di 4 anni. Parlo lentamente e scandendo le parole.
Ad un certo punto fa -Ah, forse ho capito- (forse?!)- ma sarà meglio che chiami la mia collega per capire per bene cosa possa aver detto il precedente collega.
Ho fatto presente che dopo due ore iniziavo ad avere un principio di disidratazione.
La collega come io temevo non capisce assolutamente (-mente) niente, e mi fa ripetere la cosa.
Allora, signore mie belle: consecutio temporum: avvenimento A, cui segue avvenimento B che porta alla realizzazione dell'avvenimento C e quindi io D come Demente (mente) mi trovo lì; cercando di capire come sia possibile ritrovarsi a parlare con tippete e goblin mentre fuori splende il sole e mi aspetta un buonissimo caffè con cacao al bar.
Alla fine goblin, sempre incerta e tremolante, dice che sarei dovuta tornare il giorno dopo perché per potermi fornire il documento da firmare, devo portare io altri due documenti. Bene, bene, apposto, allora a domattina sul tardi arrivederci arrivederci.
Vado a prendere il caffè, faccio i miei giri e torno a casa.
La mattina alle 9.00 chiama tippete, spiegando che loro hanno bisogno che vada presto perché alle undici è tardi, quindi dato che sono dispiaciute per i miei problemi di salute (spiegati il giorno prima con grande pazienza) possono aspettare fin verso le 9.30.
Guardo il cellulare, il cellulare mi guarda incredulo.
Tippete fa - Pronto?! Pronto signora è ancora lì?-
La signora è ancora lì, ma guarda il cellulare pensando che in effetti è stata una sciocca ad aver creduto che tutto sarebbe filato liscio, che le burocrati non avrebbero in qualche modo svolto per intero il loro lavoro.
Arrivo con calma alle 10.00, perorando la mia causa; spiegando sorridente che non potevo venire in pigiama e pantofole, per quanto eleganti e colorate.
La goblin mi guarda fra lo sdegnato e l'appannato. Tippete sorride; non si sa a chi, non si sa a cosa.
Quindi porgo loro i fogli. Loro, per l'ultima volta, mi chiedono se sono sicura di come e in che ordine si siano svolte le cose.
Le guardo e sorrido.
-Certamente-
Rabbrividiscono. -mente- non va bene.
-signora senta-
-mi dica-
-riguardo all'altro discorso?!-
-provvederò tempestivamente-
Evidente conato di vomito di tippete. -mente- non va bene
-Bene allora arrivederci- sorriso e stretta di mano frettolosi per allontanare quella spacciatrice di lunghe parole terminanti in -mente-. Stanno perdendo le forze.
-Buona giornata-
-Sicuramente! Anche a lei-
Esco sogghignando maligna-mente e con un vago senso di soddisfazione udendo un "flosh" di corpo che sviene sul pavimento.
Natural-mente.

martedì 1 aprile 2014

Dove siamo?!

Quando eravamo ragazzi c'era una sala di registrazione. Beh, ce ne erano più di una. Ma questa in particolare per me ha importanza perché è stata la prima. Per carità, ricavata da una cantina, ma era un regno intero.
Il suono riverberava all'interno della sala e spesso uscivi con un mal di testa mostruoso, ma felice.
Ascoltavi gli amici suonare ed era bello e ti si gonfiava il cuore in petto e venivi attraversata dalla potenza della musica, che non ha confini e la cui potenza è anche una tenera carezza.
Era meraviglioso. E io stavo benissimo.
Anche io ho sempre amato cantare e, di quando in quando, durante questi anni l'ho fatto.
Sono troppo timida per "scoprirmi", anche se a volte, nelle varie case degli amici, cantare ho cantato. Che vuoi, siamo più o meno tutti figli della musica. E allora tutti insieme a farla, la musica. E quando cantavo non c'era né c'è niente altro al mondo.
Perché in quel momento siete tu e te stessa che celebrate la vostra gioia, la vostra emozione e la vostra potenza. E siete voi lo strumento. E' la sensazione più meravigliosa che possiate mai provare. Credetemi quando vi dico che niente, nessuna emozione, nessun tocco, nessuno stato emotivo, nel bene e nel male, nella vita e nella morte, è paragonabile al canto. Ad essere uno strumento della musica. Ti senti invasa da una magia ed un fuoco che sono solo tuoi. In quel momento sono per te.
Darei oro per poter cantare ancora. Ma non posso.
Che ci vuoi fare?! A volte il tuo corpo non va di pari passo con la tua mente. Lo stesso hanno fatto le corde vocali. Cantano quando è il giorno buono. Gli altri giorni, e sono tanti, sono cattivi.
Ho sempre apprezzato suoni "pieni", ma ricordo chiaramente di aver registrato per esperimento con due miei amici un pezzo di chiamiamola "elettronica". Quando l'abbiamo risentita abbiamo riso per ore.
Perché sul "gotta move" dovevo allungare e...sembrava un muggito. Oh, perfettamente a tempo, ma era proprio un "muuuuuuuve" ahahahah. Bellissimo. Epico direi.
Ci sono state altre occasioni. Tante, troppe per metterle tutte insieme in un solo post...
Una me la ha ricordata oggi mia sorella. Mi ha mandato il link di un album dei Counting Crows "August and everything after". Lei mi chiede- ti ricordi la storia di questo cd?!- Io lì per lì brancolo nel buio...poi riascolto la canzone e bam!!!
Mi ricordo sì! Ero andata a fare una prova come cantante e la Laura era venuta con me perché ero terrorizzata (beata gioventù). E un tipo, ribattezzato "il diforones" ci aveva chiesto se eravamo gemelle.
E noi ci eravamo guardate ghignando e dicendo "va bene, però falla girare" ed eravamo scoppiate a ridere come due sceme. Gemelle. Mia sorella era la metà di me. Anche per tutto il resto non ci assomigliamo proprio.
Comunque alla fine li avevo invitati tutti al mio compleanno, perché ad una certa età il mondo è fatto solo di musica e persone.
E loro mi avevano regalato proprio il cd dei Counting Crows. Pensa te cosa si è ricordata stamani la mia sorellina. Pensa cosa mi ha ricordato.
Era un periodo bellissimo. Fatto di motorini, lunghi viaggi al freddo per raggiungere posti da lupi dove però suonavano gli amici-fidanzati dell'epoca.
E vivevamo tutto in maniera estremamente intensa, un litigio fra coppia all'interno diventava una crisi generale per tutto il gruppo! Perciò telefonate, incontri più o meno segreti per risolvere "la questione" e poi, come è naturale a quell'età, tutto si risolveva in una bolla di sapone e vissero e suonarono tutti felici e contenti.
Anche perché un gruppo musicale è un legame forte e quindi le rispettive "ragazze" diventano una propaggine del ragazzo e, citando i Modena City Ramblers: "grande famiglia grande eh! eh!". Tutti fratelli e sorelle.
Insomma è un ambiente unitissimo, forse troppo; di eccessiva e totale condivisione, dove gli altri, i non familiari, non sono proprio amici, sono amici/ospiti.
E forse nemmeno questa è la spiegazione giusta. No.
Ad ogni modo io lo ricordo bellissimo e terribile. Un periodo fantastico per tanti versi, ma per come ero fatta io, troppo stretto. Soffocante. Le donne di un gruppo così legato a volte, specie a quell'età, riescono ad essere crudeli. A creare "tradimenti" dove non ce ne sono. Complotti manco fosse "Il trono di spade".
Ed io forse questa cosa non ero in grado di accettarla. Il fatto di dover anche essere "all'altezza" del ragazzo- ragazzo che io, tra le altre cose ho molto amato- mi faceva ogni tanto andare in apnea. All'altezza in amore non dovrebbe esistere. Discorsi da psicopatici.
Insomma alla fine sono esplosa. Non riesco. Non tollero le dipendenze. Di qualsiasi tipo esse siano.
Alcune persone mi hanno detto "ma se sei sposata". Quella non è una dipendenza, è una scelta potente, cialtroni!
Ehm.
Insomma: tornamus! come direbbe Harry Potter.
Quando sei ragazzetto ti capita di farti "le canne" con gli amici.
Io dopo poco ho smesso per due motivi:
1)non mi facevano un cavolo per via delle mie medicine
2)non mi andava di "doverle" fumare per convenzione sociale.
E non giudicate male. La dipendenza era nella mia mente; seppur sociale, io la sentivo potentemente. Ripeto, a quell'età vivi tutto intensamente. Per me era dipendenza.
Dipendenza. Male.
Il giorno dopo stop.
A quell'età ubriacarsi è normale, divertente, quasi un gioco. E se lo fai con la testa, ed alla fine grazie a dio lo facevamo, arrivi a casa ubriaco ma non disfatto.
La prima sbronza che mi sono presa ho trovato mio padre al tavolo di salotto.
Mi ha guardato un attimo. "hai bevuto parecchio?!"
"no no" e ho mancato il divano.
Rideva così forte che ha svegliato la mamma- che non ha riso altrettanto forte. brbrbrbr
E il giorno dopo mi ha spiegato che avendo avuto la nostra stessa età era da ipocriti impazzire di rabbia, ma era giusto fare i genitori e parlare della cosa. Falla con la testa che io non posso essere sempre lì a controllarti.
Ad ogni modo un giorno, così,  ho detto basta bere.
E basta bere.
Con le sigarette c'ho messo tanto, troppo, anche perché vi dirò, non mi andava di smettere. A me è sempre piaciuto fumare. E poi, al momento in cui ho scoperto che dopo ben 18 anni non mi andava più, ma dovevo farlo, allora mi sono resa conto che dovevo trovare il modo.
L'ho trovato, ho smesso, sto bene.
Mi dicono tutti che fino a dieci anni non sei al sicuro. Al sicuro da che?!
Perdio, ho fumato più sigarette, respiro più smog, mangio più schifezze nate da un terreno che spacciano per "pulito" che, se sono a rischio fumando, allora è il rischio minore, posso cominciare domani.
E' che non ho voglia e va bene così.
Mi girano le palle solo perché ci sto mettendo una vita a smaltire i chili presi. Ma anche lì si va a giornate.
Quelle in cui mi dispero (maledette foto sparse per casa) e giorni in cui dico-sì, ma vaffanculo (scusate il francesismo) io resto io-.
Tanti tanti ricordi.
Serate passate a litigare. Serate a parlare di stupidaggini, ma anche serate a parlare di cose importanti e di sentimenti ed idee. A fantasticare di mille progetti, di sogni realizzabili. Organizzare strategie di gruppo per risolvere problemi e creare qualcosa.
E album ed album pieni di disegni che prendevano vita nelle nostre fantasie ed il "fronte di liberazione dei folletti" ed "i nati liberi" poesie e scritti che riempivano l'aria di camera, il rosso, il nero, gli scacchi della vita che si muovevano intorno a noi. E risate litigi, urla in quella casa dove due ragazze adolescenti vivevano la stessa camera. Brbrbrbrb.
Ma guai a toccarne una che l'altra diventava un cerbero. Gente buttata fuori da casa da l'una o dall'altra perché aveva passato "il limite". I guerrieri hanno le loro regole ed il loro onere eh! E allora fuori, marrani!
Mia sorella un metro e 55 di cattiveria, io uno e 65 di rabbia.
Eehh, quanta guerra e quanto amore. E quanta pazienza di due genitori che vivevano con gli occhi alzati al cielo, o a mezz'asta, o con fiero cipiglio e sempre e comunque con le dita incrociate.
E poi amici in comune e amici totalmente diversi, serate insieme e serate lontane e totalmente separate.
Ma stessa musica in camera. Stessa musica tutta la notte. Lettore cd perennemente acceso, la notte la musica che ci cullava. Quella era la stessa. Una melodia che dormiva con noi. A volte una a volte un'altra. U2-Nirvana-Living Color-Counting Crows (appunto) e così via.
E la notte ed i nostri sogni si coloravano di poesia. La nera Morgana, la rossa Elettra. Ah! Che meraviglia! Che mondo fantastico.
E quando ne parliamo e ricordiamo queste cose sembra di essere ancora lì, pieni di eroico furore a mordere la vita e a ballare in mezzo ad una strada per urlare la nostra!
E quando chi sente questi racconti resta un po' perplesso ci chiede:
" E ora dove siete"?

Ora dove siamo?!
Esattamente dove dovremmo e questa è magia buona.

Alla mia sorellina, ai nostri disegni. E' stato bellissimo, anche quando era terribile.


domenica 23 marzo 2014

Raffreddore mon amour!

Eccone un'altra, direte. Una che la legge 180 ha lasciato libera a vagare nel mondo!
E invece no, cari i miei piccoli lettori (cit.), non è così e vi spiego subito perché.
Tre anni fa ho smesso di fumare. Non so per quale assurdo motivo lo abbia fatto, considerando che da quando ho smesso non ho passato un giorno "sana".
Dopo due tre mesi che non fumavo, quando tutto era splendido, profumato e pulito, all'improvviso ho smesso di respirare normalmente.
In che senso, direte voi?!
Molto semplice. Sono perennemente raffreddata. O, meglio, ho sempre il naso intasato e non faccio che starnutire se c'è un odore un po' più forte del solito, un po' di freddo, un gatto che cammina sul tavolo da destra a sinistra, una coperta che va sopra il naso, la maglietta del colore sbagliato.
Soprattutto quello.
Se la maglietta non si intona con il resto oppure ho i calzini diversi ecco là che inizio a starnutire.
Ora, il problema quale è?!
E' che non è così ogni tanto o per qualche periodo. No. E' così sempre. Tutti i santi giorni.
Ormai mi alzo e il gatto mi passa un fazzoletto, mentre si infila il prezzemolo nelle orecchie per ripararsi dalla rumorosa serie di starnuti in arrivo.
In pratica inizio a starnutire per un sette volte almeno di seguito.
Dopo di che per tutto il giorno sono tappata.
C'è ogni tanto la speranza di respirare a bocca chiusa ma è raro. A volte di giorno, ma starnutisco lo stesso. Quello non passa mai. E nemmeno il soffiarsi il naso.
Credo di aver diritto a grosse percentuali degli introiti della "Tempo", con tutti i soldi che ho speso in fazzoletti solo in questi tre anni.
Nel frattempo ovviamente (questi a sprazzi per fortuna) mal di denti, chili presi ( non a sprazzi vaff...), e altri mille fastidiosissimi problemi che per fortuna, piano piano (tre anni) stanno sparendo.
Ma ci sono dei vantaggi. Non fumo e ho un po' più di soldi a fine mese.
Vorrei dirvene altri.
Appena li trovo vi aggiorno.
Poi, improvvisamente, quando i nervi stanno per cedere.....il raffreddore!
IL RAFFREDDORE!!! Tosse! Febbre!
Dio ti ringrazio...sto tornando normale! Posso fare qualcosa per curarmi! Non mi limito a soffiarmi il naso no!
Posso finalmente svaligiare una erboristeria e rispondere alla domanda "come stai"...."male! Sono malata!"
Yeeeee
Ehm, scusate.
Ad ogni modo, capite il punto?!
Essere inutilmente intasata per tre anni. Non poter dire che sono malata perché non è vero.
O meglio, non nel termine stretto della parola.
Invece ora c'è un perché. Se starnutisco, se tossisco, se dormo a bocca aperta come i pesci.
C'è un perché se sembro babbo natale a fine serata, anche se, ovviamente, quello non accade tutte le sere, per fortuna.
Quindi oggi mi sono "sdata". Mi sono calata nel ruolo della perfetta ammalata.
Tenevo da parte una vecchia coperta da nonna papera, una specie di sciarpa informe. Un elastico per capelli del cambriano inferiore.
Ho un bel pigiamo a tuta da ginnastica. Sotto grigia, sopra felpa della levi's. Informe perdio! Sennò sembro una ginnasta non una malata.
Naturalmente anche il posto e la posizione hanno un loro perché.
Cucina. Televisore acceso (da non guardare, solo per figura), computer davanti, sguardo stanco a mezz'asta.
Davanti postazione medica.
Argotone (old style), Golamir, Propol2 per bimbi.
Già che ci siamo mettiamo un paio di creme lenenti per le screpolature e un bel termometro.
Accanto la manina grattatutto. Fondamentale per la postazione medica. Mica posso chiamare l'infermiere tutto il tempo!!!
E difatti l'infermiere viene ad assicurarsi delle mie condizioni, si premura di preparare il tè, fingendo a sua volta che io sia una povera barbona tisica per darmi un po' di soddisfazione.
Anche questo fa parte del contratto del matrimonio.
Lui può far finta di essere in fin di vita a letto con 37.1 ed io posso fingermi una barbona tisica se dopo tre anni di "sano" intasamento finalmente mi ammalo.
C'est l' amour.
E quindi sono qui, tossendo in maniera drammatica mentre scrivo; un po' come Fryderyk Chopin mentre componeva, ma senza talento.
Ad ogni modo la grande soddisfazione mi viene data dal mio infermiere.
Ello risponde prontamente alle mie deliranti richieste, accompagnate da voce da oltretomba.
Tipo "amore- coff coff - mi faresti il tè?! Coffcoffcoff...."
Occhi al cielo di Amore, dolce sorriso di comprensione per la vecchia e silenzioso cenno di consenso.
"Sii.." strascicato.
Gliel'ho chiesto ora mentre scrivo, quindi il sì strascicato è reale.
Anche lui tossisce una volta, come a sottolineare di non calcare troppo la mano.
E quindi per tutta risposta mi soffio rumorosamente il naso.
Mahuhauhauhcoffcoffcoff....gasp! Oddio...non posso fare la risata malefica!!!
ODDIO!!!!!
Devo guarire. Non posso non fare la mia risata malefica, altrimenti niente avrebbe più senso.
Prendo quindi lo spruzzino per la gola e giù due o tre volte: ffzzzz!
Oddio se brucia!
E giù una pasticchina di propoli!
Tanto è roba da bambini, ovvero le uniche che non contengono alcool.
Quindi sarebbero fino ad otto pasticchine al giorno.
Me so pure comprata il colluttorio. Non si sa mai.
Che vi devo dire.
Mi godrò la malattia il più possibile. Ma non posso nemmeno stare malata in aeternum giusto?!
Anche perché io domani devo scendere di nuovo in pista.
Perché martedì ho una visita alla gola (eggià) e la fisioterapia (eggià). Più tutti gli impegni vari.
Perciò, almeno il fine settimana, lasciatemi giocare alla signora delle camelie, che poi da lunedì mi tocca rifà candy candy che anche morente se trascinava ad aiutà i malati di mente che placavano i leoni co' du' carezze!!!
Almeno fino a domattina è "raffreddore mon amour!"

sabato 22 marzo 2014

I figli crescono, le mamme invecchiano...ma anche le zie non si sentono un granché bene....

Otto anni.
Mio nipote. Il sette marzo ha fatto otto anni. Oggi ha fatto la festa.
Io ho messo una mano sulla spalla di mio cognato e ho detto "oddio sono otto anni...dammi una sedia sto per svenire".
E' svenuto lui.
Beh no, dai. Non è svenuto, ma sorrideva in maniera felicemente ebete.
L'ho ritrovato lì, dopo mezz'ora. Aveva ancora lo stesso sorriso.
Anche i padri invecchiano.
Per non confondere coloro che sono al di fuori dei miei amici più intimi: questa sorella non è la Laura, che è LA sorella, in quanto figlia degli stessi genitori.
Questa sorella è l'Amanda, che è cresciuta in casa mia, che i miei consideravano una figlia (e mia mamma le dava pure le stesse pacchine che dava a noi) e che chiamava i miei mamma e papà.
Quindi è mia sorella a tutti gli effetti. Perché non è solo un'amica o una migliore amica. E' un legame indissolubile che scorre nel sangue.
E il nipote (il primo di tre) è un altro legame indissolubile. L'ho saputo quando all'ospedale me lo ha dato in braccio e mi stava dal gomito alla mano. L'ho saputo la prima volta che mi ha sorriso.
Per me Lorenzo è stato nipote a prima vista.
E ora ha fatto otto anni.
Ieri aveva i riccioli biondi e stava su un seggiolone e stamani io avevo i capelli bianchi e il raffreddore.
E' vero. I buchi spazio-temporali esistono. Perché io ieri avevo 31 anni.
Come si spiega che oggi ne abbia ....oddio...odd...



...scusate, un mancamento.
Rieccomi.
Ehm, dicevamo, come è possibile che io oggi ne abbia....di più (eh?!)
Eppure è così.
E lo prova il fatto che fino più o meno a due anni fa quando arrivavo lui correva, io lo prendevo in collo e lo "pesavo". Lo faccio ora rischio la paralisi polmonare.
Oggi lo vedevo correre a giro con gli altri compagni di scuola, con un paio di bambine intorno che se lo contendevano e BAM!
Guardo l'Amy e lei mi fa:
"Già".
Non c'è altro da spiegare.
Bambine che se lo contendono?!
Ooooohhhh!!!
Ma non scherziamo!
E' piccino, son bambini, che cavol....e poi mi ricordo che la mia prima cotta per un bambino è stata alle elementari.
L' Amy mi passa un fazzoletto
"Stai piangendo sangue"
"Grazie", rispondo io tamponandomi gli occhi.
Davvero...sono quelle cose che...f9oewur9werunpOWICFIFRH ma porc...gatto scusate, non mi pareva giusto cancellare il suo parere sulla faccenda.
Ad ogni modo sono quelle cose che ti lasciano senza parole. Ti si blocca il cervello e inizi a pensare in loop "OttoOttoOttoOtto" e poi arriva Ello, mi guarda e fa
"Amore stai bene?"
Tu sorridi di pietra
"Sì perché?!"
"Perché sono cinque minuti che farfugli frasi senza senso che sembrano lingua inferica"
Mi resta il sorriso di pietra.
Chiudo gli occhi, mi scuoto e riprendo (OttoOttoOt...) il controllo.
"No, amore, pensavo che Lorenzo ha otto anni e quindi TU sei vecchio"
L'idea che il vecchio sia lui un po' mi rincuora. Rincuora anche l'Amy che afferma "Davvero!!!"
Ello ci guarda con gli occhi a mezz'asta. Scuote la testa ridacchiando e va via.
Ci ha appena dato di dementi, ma noi siamo contente. Siamo, nonostante la nostra superiorità, creature semplici.
Allora arriva il secondo nipote tutto trotterellando fiero (come i trentatre trentini d'altra parte).
"Tia!"
"Dimmi amore"
"Tio ice ecchia tu"
Vigliacco!!!!
Per interposto bambino.
"Grazie amore"
E lui se ne va sorridendo tutto contento, probabilmente a "riscuotere" la sua patatina.
Quindi iniziano i giochi dei bambini.
Da giù Alessio  (il cognato) grida:
"Mamme, zie, dove sono i grandi?!"
I "grandi"?
Scendiamo giù.
Oddio, siamo noi le "grandi". Siamo noi ad organizzare i giochi.
Inizia con il gioco delle sedie. Quando finisce la musica....
E siccome non basta organizzare, le mamme e, per gentile intercessione di chi non si fa una spaghettata di ***** sua, anche le zie vengono invitate a partecipare.
Al terzo giro mi gira al testa. Al quarto credo di essere Giovanna d'Arco. Al quinto baro e perdo.
Camminando come il Fannullone di de Andrè, mi avvio verso l'Amy che ha perso al secondo...stronza. Ora so che lo ha fatto a posta. Mi guarda con un sorriso sornione. Le mamme imparano prima.
Poi l'Amy propone il gioco della bandierina. E scatta il flash.
E' estate. Sono al Cinquale e ho IO otto anni.
Random, la mamma, il babbo o gli zii tengono la bandierina e chiamano i numeri. E noi bambini a ridere e correre e urlare spintonandoci. Tutti accusando gli altri di aver barato, mentre i "grandi" si sgolano ridendo e cercando di tenere calma quella banda di gnomi urlanti.
Flash.
Guardo in mezzo alla sala ed a tenere la bandierina è mia sorella. Che ha la mia età.
Oddio, i "grandi" siamo noi!!! Non mi do al bere solo e unicamente perché ci sono solo Fanta e Coca Cola.
Non rimedi una sbronza, rimedi un dentista.
Finiscono i giochi e per fortuna ci ritroviamo tutti a ridere e scherzare fra di noi...guardo le altre mamme.
Alcune sembrano "mamme" come le intendevamo noi. Altre invece sembrano come noi.
Ragazzacci normali e cialtroni che ridono di tutto e di tutti, che si divertono a fare scherzi, che son cresciuti nella filosofia di amici miei. Insomma irriverenti, che si prendono poco sul serio e cercano di sdrammatizzare la vita. Questo oltre a prenderci amichevolmente e affettuosamente per i fondelli.
Bene, detto così sembriamo una banda di ritardati irresponsabili.
Credo che avrei potuto descriverci meglio.
Ma in fondo perché?!
I nostri figli (ovvero di quelli della mia generazione, dei miei amici) crescono sani, educati, sereni (a parte i bronci da bambini appunto), sono curiosi, attivi e soprattutto hanno una voglia di capire e divertirsi contagiosa.
Meglio? Peggio? Non lo so mica.
Siamo noi. Solo che siamo noi da "grandi" e questo un po' mi ha lasciato...smarrita.
Non capivo come fosse possibile avere contemporaneamente 20 e "di più" anni..
Sentirsi i soliti  invincibili folli e contemporaneamente sentire un enorme senso di responsabilità per questi piccoli ometti che ci frullano intorno come degli indemoniati.
Ed entrambe le sensazioni sono piacevoli e rincuoranti.
Se separatamente dalla questione dell'età.
Per curiosità vorrei ricomprarmi gli anfibi con la punta di ferro, i fuseaux neri oppure le calze multicolore, che so, i braccialettoni d'argento, gli orecchini super lunghi, anelli su anelli ed enormi maglioni senza senso o talmente aderenti da cambiarti la taglia....ooops ma io 'ste cose le ho ancora!!!! Tranne gli anfibi rinforzati...quelli li ho "finiti" a forza di portarli.
Ma ho ancora tutto il resto. Beh, qualcosa ho buttato via per ovvi motivi di taglia. Sapete come è...e se non lo sapete, buon per voi!!!!
Torno fuori con i "grandi". E mentre i bambini giocano nello stanzone, mio cognato pensa bene di prendermi in giro facendo il finto zoppo (dato che mi sono stroncata il menisco) e mentre lo offendo e ridiamo come due stupidi mi rendo conto che alla fine ben venga l'età, ben vengano gli otto anni in un battito di ciglia.
Alla fine siamo sempre i soliti sospetti (cit.)
Quelli che sanno a memoria tutte le battute di amici miei, Frankenstein Junior, Ghostbusters, Blues Brother e via via discorrendo.
Forse qualcuno (non posso certo fare i nomi) ha la barba un po' brizzolata (e quindi grazie a dio non siamo io e l'Amy), o fa più fatica di prima a vedersi e raccontarsi i fatti propri ( e questi ovviamente non sono quelli con la barba), ma nonostante ciò abbiamo sempre la stessa età, cresciamo senza crescere, maturiamo senza invecchiare e quindi otto anni più otto meno....ma chi se ne frega! Siamo noi! Giovani come sempre.
Ora scusate vado a farmi gli impacchi al ginocchio che sennò.....sai, no'vecchi....

Ps: e diciamocelo; io ho 39 anni e mi sento benissimo :)


martedì 18 marzo 2014

Ma che sonno

E' mezzanotte.
Ho sonno, sbadiglio, mi stiro e guardo di soppiatto il gatto, che in casa nostra, a seconda della posizione della coda, indica il momento del riposo.
Il gatto mi guarda di soppiatto perché in casa nostra, l'estensione delle mie gambe sotto il tavolo indica quanta voglia io abbia di dormire.
Guardo i gatto; il gatto mi guarda. Ci guardiamo con diffidenza e poiché io non ho ancora le gambe allungate e lui non ha alcuna voglia di muoversi, io incrocio le gambe, lui arriccia la coda.
Per ora non se ne fa di nulla.
Io continuo a cazzeggiare ( inutile usare inutili eufemismi, quello sto facendo) su fb, riscrivo un verbale lungo nove pagine che devo riassumere in sei, cerco di corrompere Ello a darmi un po' di patatine fritte.
Rifiuta.
E' ancora presente a sé stesso. Non è ancora abbastanza tardi.
Ma...attenzione...ci sono i primi sintomi di cedimento.
Alzo all'improvviso lo sguardo perché Ello legge ad alta voce un commento.
Ha messo Focus. Senza che me ne accorgessi...silenzioso e veloce. Se parlasse il serpentese potrei preoccuparmi...
Contemporaneamente inizia a pontificare sull'articolo di cui mi aveva letto il titolo.
Da un lato Apophis che si potrebbe schiantare sulla terra.
Dall'altra Ello che si getta in una spiegazione con approfondimento del tema dell'articolo, ardendo del sacro fuoco del giusto.
Apophis mi guarda attonita. Io rispondo con il classico sguardo "capisci a me".
Apophis passa largo.
Ad ogni modo torniamo a noi.
Sento un miagolare lontano, come venisse da un altra dimensione; un miagolare disperato. Mi alzo, guardo in tutte le stanze alla ricerca della fonte del miagolio. Il gatto dorme beato con coda arrotolata.
Torno in cucina al pc. Accorcio un paio di capitoli del verbale.
Sento nuovamente il miagolio fantasma. Seguendo il mio sesto senso abbasso lo sguardo, sorprendendo il gatto ciccione nell'improbabile posa di fingere un miagolio lontano con le zampe a coppa intorno alla bocca.
Il gatto avverte il mio sguardo incredulo.
Si blocca. Fa quello che fanno tutti i gatti quando vengono sorpresi sul fatto.
Si lecca la zampa guardando da un altra parte con elegante indifferenza.
Sì, perché, lo scopo del gatto ciccione è quello di incuriosirvi al punto di alzarvi. Voi vi alzate, lui si piazza improvvisamente a sasso davanti ai tuoi piedi, che tu raramente guardi mentre ti alzi e... TAPAM!
ti trovi a ringraziare il cielo di essere un collezionista di mobili, poiché non lasciano alcun margine di caduta con conseguente rottura di ossa. E per ossa intendo ossa a caso, sparse e possibilmente di varia grandezza e funzione.
Eccoci, ora si passa ai meteoriti e alla possibilità che il nostro pianeta possa cambiare all'improvviso grazie a comete assassine.
Ritento il jolly patatine mentre il mondo "accetta l'idea che la vita possa essere annientata da un asteroide".
Il jolly funziona.
Mi chiede se ho dato il via alla lavastoviglie. E' ovviamente vicino alla perdita dei sensi.
Dopo che una cometa si è "schiantata" su Giove, si è deciso di monitorare i vari meteoriti e/o oggetti vaganti che ci girano intorno. Arieccoci, è sempre Apophis che gira intorno guardandoci attentamente, aspettando un accenno di distrazione da parte nostra.
Crunch Crunch. Patatina.
Focus termina dicendo che la terra è il posto più pericoloso in cui vivere.
Pubblicità di un auto in cui, siccome è molto spaziosa, infilano un cane fradicio che si scuote subito violentemente e tutti che ridono perché è natura.
Tutti ridono. Il benzinaio dietro casa si strofina le mani mentre calcola quanto guadagnerà a pulire la macchina da 7 litri d'acqua lanciati da un cane che si scuote a mach 5.
A Law&Order, un programmatore spiega ad Olivia che la tipa non era spaventata finché non ha tentato di baciarla.
Dura la vita del programmatore.
Insomma, va bene che sto cercando di prendere sonno e quindi metto programmi che un po' rincoglioniscono, ma qui si esagera!
Prima di tutto se la terra è pericolosa per viverci muovete le chiappe e terraformate Marte; se i programmatori non riescono a baciare una tipa non è che poi lei muore e si prende un barbone a caso per strada per incolparlo del delitto.
Crunch Crunch.
Il gatto tenta di stirarsi. Correggo: il gatto finge di tentare di stirarsi e mi guarda di sottecchi.
Capisco. Gioca a "chi si muove paga la mossa", che nel suo caso è averlo fra le balle con la coda accanto all'orecchio per tutta la notte e, se osi rimettere dentro le coperte il braccio nel tentativo di scongelarlo, miagolare in maniera sommessa e fastidiosa, che suona come "gnegnegnegne" fatto con la vocina  dispettosa di chi ti fa il verso di nascosto.
Rendo l'idea?! Spero di sì, perché è esattamente il tono che usa.
Non mi muovo.
Guardo Ello. Il suo fare concentrato, la mano che copre la bocca mentre immobile scorre le pagine di fb, lo sguardo teso e gli occhi socchiusi con fare sicuro mi fanno capire che sta inequivocabilmente dormendo.
Poi scoppia in una risata isterica.
No. Non stava dormendo era veramente concentrato.
Mea culpa mi cospargo il capo di cenere e per dimostrargli che ancora lo amo mi faccio versare un bicchier d'acqua.
-Ti perdono- dico dolcemente
-E di che?! Che ho fatto?!- mi guarda sconvolto.
-Niente-
Sempre bene instillare il dubbio di un'inesistente colpa.
Annoiata mi stiro (io davvero).
Mi guardo in giro.
Alla mia sinistra mi sorprende un maialino di plastica. Un regalo di una carissima amica che ha premesso "non è per l'uso, è perché mi sei venuta in mente tu".
Prima gaffe.
Il maiale è di quelli che fa casino se apri il frigorifero.
Seconda gaffe.
Ma si sa, negli anni le amicizie si allontanano. E poi muoiono. Improvvisamente.
Succede.
Il maiale mi guarda con aria di rimprovero.
E allora si sa, certe amicizie si riavvicinano. Così; casualmente. Risorgono verso Pasqua. Il perdono della colomba.
Il perdono del maiale in questo caso.
Mentre il pubblico ministero più mestruato di Law&Order afferma con tono beffardo che l'imputato è un demente, decido che è il momento di andare a dormire.
Mi giro. Ello sta studiando attentamente un test QI.
O che si fanno i test QI alle due di notte?! Che vuoi che ne esca fuori?! Che hai il cervello di un pulcino implume. E bagnato. E tisico. E che non è nemmeno carino.
Sospiro.
Devo andare a letto e non ho voglia di mollare la tastiera ed interrompere la scrittura. D'altro canto non posso mica fondermi con il falso legno della sedia e diventare un essere metà plastica e metà finto legno. Perché siamo ciò che mangiamo e noi mangiamo plastica da anni ormai, ergo...
Il finto legno però è bello, davvero, scuro come piace a me. Perché chiaro non era in tono con tutti gli altri toni dei mobili di cucina.
Devo ancora decidere di che colore sceglierò il prossimo mobile di cucina. Pensavo noce. E' l'unico che ancora non ho.
In cucina.
In casa, da qualche parte, ne dovrei avere uno.
Via basta.
Vado a dormire. Non perché abbia minimamente sonno, ma perché domani dovrei essere a pranzo da mia nonna ed è fondamentale che sia nel pieno possesso delle mie facoltà mentali.
Perché mia nonna è più lucida e sveglia di me, quindi se voglio essere all'altezza e non fare la figura della zucchina devo avere sulla schiena almeno un otto ore di sonno.
Ma soprattutto, dopo il trailer del seguito di 300 non sono sicura di voler più stare nella stessa stanza del televisore.
Quindi mi alzo, faccio un inchino, mi tolgo il cappello, vi saluto e vi auguro una piacevole notte.





domenica 9 marzo 2014

Nevrosi onirica

Tutti i miei amici sanno che io ho sempre avuto un'intensa se non inusuale attività onirica. 
Bisogna però dire che c'è un limite alla sopportazione.
Non so se vi è mai capitato di fare 3/4 sogni indipendenti l'uno dall'altro in una notte.
Oppure avere uno di quei sogni che sembrano avvolgerti come una ragnatela, da cui per quanto tu sia sveglio non riesci ad uscirne.
A volte ti svegli, vedi la tua casa, la camera, senti la realtà che ti abbraccia - Tranquilla non ti preoccupare, ci sono io qui con te, non sei più sola contro il buio!- ma non è abbastanza. Il Sogno di aggrappa, ti tiene per le spalle mentre tu ti getti avanti in un inutile tentativo di fuga.
Ma a quel punto il sogno ti cinge per la vita e ti tira a lei. Dall'altra parte la realtà, che nel tentativo di salvarmi mi tira per le braccia!!! 
E insomma voi due!!!
Trovate un accordo! Io non posso certo stare tutta la notte a sentirvi litigare mentre io cerco di riprendermi la mia pace.
Un'ansia!
E quindi mi alzo, vado in cucina, mi bevo un bicchier d'acqua e torno a letto.
Sono lì che se la ghignano i due, si danno pacche da vecchi amici.
Li guardo con gli occhi a mezz'asta. Male.
Si girano, tossicchiano e guardano intorno imbarazzati. Sembrano i miei gatti quando sanno benissimo di aver commesso qualche grave crimine contro la mia persona o le mie proprietà.
-Posso tornare a letto?!-
-Ehm..certo, prego prego, noi tanto stavamo andando...-
-Ecco grazie-
So benissimo che dietro la schiena mi fanno versacci, ma non me ne curo.
Torno a letto. Le lenzuola sono avvolgenti e faccio subito il baco. Avvolta dal calore del piumone riesco a scivolare subito nel sonno, cosa, per la mia persona, molto rara.
Pochi minuti (?) e plufff!!! Eccomi rituffata in un altro sogno vividissimo.
Colori turbinanti, voci confuse e sovrapposte; la musica intorno è allegra, popolare, stradine e barrocci. Un mercatino, gente che balla...il posto è bello.
Una casa bianca, di quelle vecchie che puoi trovare nel centro di Firenze.
Invece Questa casa all'interno è enorme - ovvio sto sognando - stupenda, una casa semplicissima, con le stanze dal soffitto basso, interamente bianche, con tende bianche; sembrava una casa che ho visto in sicilia, sul mare. Bellissima.
Ed è piena di persone.
C'è qualcosa che non va. All'improvviso. So che non va qualcosa e so che è un sogno (vi sarà capitato anche a voi).
Ci sono tre persone, che sono in realtà una sola. Forse tre aspetti di quella persona. Naturalmente la conosco, poche volte mi è capitato di chiedermi "ma chi era quello?!".
Perché ovviamente quando un sogno ti avvolge e ti coinvolge più del dovuto, quando riesci a svegliarti ed uscirne, la prima cosa che ti chiedi è quali erano gli elementi "particolari". Lo facciamo tutti.
Anche le persone più razionali. Il sogno è un terreno, forse l'unico, realmente comune a tutti e con cui tutti hanno un rapporto realmente intenso.
Le persone più razionali affrontano la questione in maniera logica. Ne cercano il significato e spiegano qualsiasi elemento mettendolo in relazione alla loro realtà quotidiana. 
Altri cercano i messaggi, le interpretazioni, i segni. E va bene lo stesso.
Ognuno deve gestire i propri sogni ed i propri risvegli.
Ad ogni modo.
Questo sogno termina ed immediatamente mi ritrovo sott'acqua! Sott'acqua?! Cosa ci faccio qui?!
Ovviamente è tutto molto scuro..provo una sensazione di profondo, di primitivo, allo stesso modo molto rassicurante, forse un ricordo del grembo materno ( parte razionale ), forse la voglia di pace che si trova nel silenzio dell'acqua. Fatto sta che è tutto verde, blu, terra, solo che sembrano..di pongo..sapete quel senso di pongo liquido?! Come se qualcuno lo avesse spalmato e mischiato in alcuni punti.
Come quando invece che usare gli acquarelli usiamo il colore sulle dita in quantità inimmaginabili e creiamo mondi a righe, con rilievi e montagne colorate, su cui poi spalmiamo (perché no?!) alberi ipotetici, volti confusi e all'improvviso ecco qua: un perfetto paesaggio sottomarino, nel quale la sottoscritta si ritrova a sguazzare allegramente. Poi BAM! Luce e sensazione immediata di "asciutto".
No! Stavo bene nell'acqua.
Niente. Sono in un..boh..ma cosa è?! So solo che il silenzio rassicurante di prima è stato (ahimè troppo velocemente) sostituito dal mercato di prima. Ma insomma! Un po' di coerenza! 
Detto fatto. Davanti a me compare l'ingresso di una piscina, acqua trasparente, bambini e persone felici e intenti a giocare in acqua schizzandosi, tossendo e ridendo.
Eppure l'acqua sembra..vuota..come se ci fosse sempre abbastanza spazio per nuotare in libertà.
Questo perché adoro nuotare (in mare è sicuramente meglio) ma detesto condividere l'acqua con troppe persone, anzi se devo essere sincera mi piace allontanarmi e stare nel silenzio, ascoltando solo il rumore delle onde, sperando nella magnanimità delle meduse. Egoiste! E richiudo la finestra.
Ad ogni modo questa piscina è fantastica. Sembra un pezzo di mare tutto mio. 
Mi sveglio. Ma perché! Per una volta che faccio un sogno rilassante, per quanto confuso lo ammetto, mi sveglio così all'improvviso?!
Ma che modi sono!
Insomma io voglio tornare là!
Chiudo gli occhi, mi concentro e faccio nuovamente il baco. Ecco..afferratoNOsfuggitoRiafferratoNOscivolafraledita! Oddio sembra quasi fatto di garza..un sogno di garza che strano..curioso. E mi addormento. Ma non sono più là.
Sono nel buio. 
Se da una parte il buio mi ha sempre dato un senso di conforto, di appartenenza, allo stesso modo ad un certo punto deve subentrare il colore. E' come la necessità fisiologica di respirare, dal buio qualcosa deve uscire. Magari, ecco, qualcosa senza denti, o enormi occhi sarebbe meglio...
Ed eccomi in una sala, con seggiole di vimini e un tavolo molto simile a quello che avevano i miei genitori in salotto. La casa è in penombra. Perfetto! Ho il buio ed ho il colore.
Sì, decisamente perfetto direi.
Adesso devo capire cosa ci faccio qui. 
Questo sogno è così vivido da sembrare solido, ma so che è un sogno e questo è un passo avanti.
Mi giro e cosa vedono i miei occhi?!
Libri! Libri su libri!
In biblioteche, sui tavoli, per terra a formare colonne! E' meraviglioso! Libri nuovi e vecchi che si abbracciano l'un l' altro! 
E penso - è stupendo! sarebbe bellissimo avere così tanti libri e messi in questo mod...-
Mi sveglio. Occhi spalancati. Li chiudo. Prendo fiato. Riapro gli occhi mugugnando.
Disfo il baco. Guardo l'orologio; sono le nove.
Mi alzo e mi incammino verso il salotto.
Libri su libri. A formare colonne, ad abbracciarsi l'un l'altro su librerie e scrivania. 
Peccato. Non è un bellissimo sogno.
E' il mio stramaledetto salotto pieno dei libri dei miei nonni genitori e chissà chi.
Chiudo gli occhi. Tiro un sospiro carico di sopportazione e senso di resa. Mi giro. Torno a letto.
Il primo sogno che mi capita lo prendo a calci nel didietro.
Mi basta il ricordo del mio salotto.
Ecco qua, la mia nevrosi onirica nasce da realtà polverose. Mistero risolto. 
Bravo hai vinto un mappamondo (cit).


mercoledì 19 febbraio 2014

Ho chiuso casa

Ho chiuso casa.
Casa dei miei genitori. Già casa mia; già casa di mia sorella. Fino a poco tempo fa casa di mio fratello.
Dopo la morte di mio fratello, la nostra intenzione era stata quella di andare con calma a traslocare 20 anni tondi tondi della mia e nostra vita. Con calma, guardando e valutando. Scegliendo e ricordando. Dare un ultimo saluto a quelli che sono stati i nostri affetti più cari. Perché una casa è fatta anche di questo. Affetti.
C'erano oggetti, in casa dei miei, che io ricordo di aver sempre visto. Da quando ero piccolissima...e le foto lo confermano.
Ci sono dei piatti che io ricordo di aver sempre visto. Delle tazze in cui ricordo di aver sempre visto bere e in cui, in seguito, ho bevuto anche io.
Ricordo un mazzo di carte, uno in particolare, con cui volevo sempre giocare, perché secondo me era più bello degli altri, dato che aveva la costola dorata.
La scacchiera del babbo. Dove aveva inutilmente tentato di insegnare ad una vivacissima Marta di sette anni a giocare a scacchi. Per poi rendersi conto che ero troppo vivace per stare seduta più di dieci minuti.
Dei libri che, non ci crederete, ovunque siamo andati, in qualunque biblioteca, assumevano lo stesso identico posto.
Potevi contare su quei libri. Dove erano restavano. E ora spero di ricordarmi dove erano, perché ho paura che cambiando loro posto i miei genitori mi vengano a tirare le coperte di notte.
Poi c'erano nella scrivania del babbo i vecchi fogli con cui stampava, quelli con i buchi sui bordi. C'erano biglietti da visita di almeno trent'anni fa. C'erano elastici che secondo me avevano legato le sue matite alle elementari da quanto erano vecchi. Una'armonia di graffette e soprattutto...la macchina per fare i buchi.
Eh sì. Il fascino di tutti i bambini. Per la pazienza infinita di mio padre credo di aver bucato più risme di carta io...facevo le scorte per i coriandoli. Mi sembra di ricordare vagamente di aver usato questa scusa qualche volta.
Nella biblioteca del babbo e della mamma in camera c'erano documenti risalenti credo anche quelli al 1990 o giù di lì.
Li avremmo buttati via. Cosa li tenevamo a fare?!
Però, c'erano dei librini di poesie (tristissime e depressive) scritte dal babbo in gioventù. Ecco, non è che fossero l'apoteosi della gioia di vivere; però erano sue.
Non è che tieni 20 librini. Però, tanto per fare un esempio, uno mia zia lo avrebbe voluto.
In cucina c'erano una serie di vassoi, pentole, ciotole e chi più ne ha più ne metta. Di nonne contro-nonne, bis-nonne...un monte di nonne. Più ovviamente le cose nostre acquistate negli anni. Compresa la affettatrice del babbo. Oh tu! Sacra affettatrice! Senza la quale la casa mai sarebbe stata casa!
Quell'affettatrice ci aveva seguito ovunque insieme ai libri.
Ho una foto. Nella foto ho un anno. Il babbo mi tiene a sedere sul tavolo. Alle spalle la libreria che lì era nell'ingresso con i mistici libri al loro mistico posto.
In camera nostra stampe mie e di mia sorelle e nell'armadio vestiti di mia mamma quando era giovane.
C'era un vestito blu da cocktail che io ho provato per curiosità. Non era bello. Di più.
Avremmo scelto con calma tutte le cose importanti. I ricordi. Le cose che ci avrebbero ricordato le tre persone che abbiamo perso.
Avremmo gettato a malincuore tantissime cose. Avremmo riso e pianto setacciando le nostre vite.
Ma con i nostri tempi. Un lutto controllato se così possiamo chiamarlo.
MA.
C'è un ma.
Un ma grande come la casa stessa.
Un ma enorme.
Io ho riavuto le chiavi di casa due settimane dopo la morte di Guido. Senza spiegazione; soprattutto senza diritto alcuno da parte di chi le ha trattenute.
Il venerdì ho preso le chiavi.
La domenica sono andata a casa.
La chiave non gira nella toppa. Colpo di tosse soffocato all'interno. Un coperchio che cade.
Il cuore che mi balza in petto. Sento gli occhi che, come nei cartoni animati,  si allargano a dismisura. Mi sembra di respirare aria più pesante e di trattenerla troppo a lungo.
Guardo Ello. Guardo l'amica che è venuta con noi.
Chiamiamo la polizia.
Nel frattempo saliamo al piano sopra e Ello scende ad aspettare la polizia giù al portone di casa.
Sentiamo aprire la porta, ci affacciamo ed un tizio con due sacchi neri della spazzatura prende l'ascensore.
Nel frattempo sentiamo salire la polizia e urliamo che ha preso l'ascensore.
Veloce passaparola e ovviamente il poliziotto in fondo alle scale associa subito "schiumarola" ad ascensore.
Tornano su col tipo.
Un Rom.
Aprono la porta.
E lì non sapevo se morire io o uccidere lui. Poliziotti o meno.
Ho sentito la mente vacillare e la lucidità abbandonarla in punta di piedi.
La casa era stravolta. Sventrata.
Il salotto era letteralmente traboccante di roba. Vestiti, libri, mobili, soprammobili. Non c'era più una superficie occupabile. C'era uno stretto sentiero che dalla porta conduceva in cucina.
Una cucina VUOTA, dove i piatti le nonne e le contro-nonne erano stati spazzati via.
Tutti i cassetti vuoti eccetto 4 tazze (troppa grazia).
Il poliziotto mi tiene fuori.
Entrano.
"Come mai le chiavi della signorina non funzionano?!"
"Ho cambiato la serratura, chissà chi poteva entrare". Primo tic all'occhio.
"Che ci fai qui?!"
" Eh, c'era un tizio, che è morto e mi hanno detto che potevo stare qui". Pugno stretto, unghie nel palmo.
"Da dove vieni?!"
" Sono jugoslavo"
"Riprova"
"Sono rom"
"Va bene e allora dicci cosa ti hanno detto di preciso?!"
Non finisce di ripetere la parola tizio che io dico "tizio un cazzo quello era mio fratello" per poi essere gentilmente trattenuta dalla mia amica.
Ingoio rabbia che mi graffia la gola per non scivolare troppo in basso.
"Va bene ora andiamo in questura"
" Eh, non posso faccio tardi a lavoro, magari vengo più tardi"
Mi tirano indietro perché sto evidentemente schiumando dalla bocca.
Tira in ballo la storia della finta moglie con finta bambina, il poliziotto lo guarda scuotendo la testa. Questa l'abbiamo già sentita sembra dire.
Usciamo di casa. Sento che dentro qualcosa sta urlando in preda alla pazzia. La ignoro.
Sul pianerottolo il tipo, tranquillo come una pasqua mi guarda e fa:
"per piacere, signora, ho delle cose mie che devo riprendere, se mi da il SUO numero..."
E lì mi portano nell'ascensore dopo che inizio a dire "io non ti do proprio un cazzo...@#]**##@ censura censura censura.
Ci sono cose che è bene non ripetere.
Nel frattempo il poliziotto che è rimasto dentro trova un sacchetto di plastica con dei proiettili.
Olè.
So cosa sono, ma glielo spiego dopo altrimenti si fa notte. Cosa che è comunque successa.
In questura facciamo la denuncia. Questo passa tranquillo come niente fosse accaduto, dando il numero dell'avvocato (occhi nuovamente sgranati) con un cellulare da 800€ che io non mi posso permettere. Ma naturalmente il Signor"sono povero non sapevo dove andare" in qualche modo deve comunicare con il mondo esterno.
Torniamo a casa con lui e la polizia, dato che ci sono i famosi proiettili e a mio padre (come sempre) risulta un arma non trovata. Ma quanto ca##o di pistole aveva mio babbo dio santo?!

Ad ogni modo. Torniamo a casa. E' buio. Abbiamo i cellulari (noi) e le torce giganti (loro).
Entro in casa e mi risale la furia.
Le camere da letto sono vuote. Eccezion fatta per scrivania e cassettone. Vuoti anche quelli.
Nel ripostiglio sono stati impilati, nell'armadio della biancheria, tutti libri e gialli e romanzi. Rigorosamente mischiati a caso e pressati uno sopra l'altro.
La camera di Guido..beh è abbastanza guidesca a volerla vedere. Ci hanno buttato di tutto e di più.
La camera della Laura, già camera mia, è vuota anch'essa. Niente libri. Scrivania vuota. Armadio semi vuoto. Però i mobili li avevano tenuti eh sti st##°°@!!!!
La cucina altrettanto vuota. La terrazza traboccante di roba ammassata. Tutto il resto in corridoio. Tutto quello che è rimasto.
Perché per una settimana, secondo i vicini, questi hanno fatto avanti e indietro per casa.
Ora...magari chiamare. Comunicare.Lasciamo stare.
Altrimenti come si dice a Firenze, mi ribollan le chiare.
Guardo casa ed esco.
Arrivano i genitori di Luca e nella rabbia, nel piazzale urlo un vaffanculo (con bestemmia mi vergogno da morire ma mi è davvero scappata) quello era mio fratello.
Poi silenzio.
I poliziotti gentilmente aiutano Ello a rimettere in sesto la blindata. Ci dicono anche, delicatamente, che è una cosa frequente e che potrebbero tornare.
Con lo sconforto e l'ansia, capiamo di avere una settimana per portare via tutto.
Una settimana. In cui io vedrò cosa non c'è più.
In cui dovrò scegliere da sola, perché la Laura è in Irlanda, cosa tenere della nostra vita.
In cui dovrò buttare via cose che forse non avrei buttato.
In cui dovrò dare addio ad una casa con una pacca sulla spalla invece che con un lungo abbraccio.
E passo il resto della settimana a fare di giorno e disperarmi di notte.
Ma solo quando venerdì pomeriggio Ello mi fa vedere la credenza vuota che mi crolla il mondo addosso.
Non so perché.
Credetemi. Ho trovato scheletri della mia vita dappertutto nella casa. Ho visto i fantasmi di ciò che un tempo c'era in un posto piuttosto che in un altro.
Ma quando ho visto la credenza con i piatti "buoni" e il servito del matrimonio...ecco lì ho capito.
Che quell'orrore era vero. Quello scempio. Quell'uccidere la morte era vero.
E ho pianto, chiedendo a chi era lì un po' di tempo per riprendermi.
Perché davanti a quella credenza vuota una delle mille corde che mi avevano sostenuto in quei giorni si è improvvisamente spezzata, togliendomi per un attimo l'equilibrio, già precario peraltro, che mi aveva sostenuto durante la settimana.
Mi sentivo come se mi si fosse crettata la faccia. Non so descriverlo meglio. Ho sentito proprio la corda tendersi e saltare, proprio come quella di una chitarra, e la mia faccia che si crettava.
Alla fine ho ritrovato più cose di quanto credevo. Ma quella credenza vuota è ancora davanti a me.
Sabato abbiamo fatto il trasloco. C'era anche mio cugino Giulio con me, la cui presenza mi ha davvero salvato la vita.
Siamo anche andati in cantina dove c'era sicuramente qualcosa, ma io in quel momento volevo solo andare via.
Solo andare via.
E sono tornata mercoledì con Ello solo e soltanto per non restare con un "e se..." per tutta la vita.
Difatti dopo aver staccato tre giorni, abbiamo trovato altre cose, sia in casa fra i libri rimasti che in cantina.
Abbiamo fatto bene.
Poi siamo risaliti in casa. Ho guardato quello scheletro triste e desolato.
Ho detto "allora qui ci diciamo addio" e sono uscita.
La morte uccisa. Assassinata lì. In casa mia.
Il colonnello Plumb. Nel salone. Con il candelabro.



sabato 1 febbraio 2014

calma e gesso....

A volte il nostro istinto prevale sulla nostra logica.
Sai le cose come stanno; non dico che tu non sia cosciente di come stiano le cose.
Semplicemente quella tua coscienza è seppellita sotto un cumulo di paure, sensi di colpa, insicurezze e negazione.
E guardate che pesano eh!
Non ti dicono mica "è un etto e due che fo, lascio?!". Mica chiedono il permesso.
No.
Prendono la tua logica e la tua consapevolezza e la mettono in un angolo. Poi prendono il famoso etto e due lascio, lo mettono in un sacco, lo trasportano dal profondo del tuo inconscio e ricoprono tutto.
Amen.
Poi ogni tanto, il braccino della logica, scava scava, riesce a farsi strada e ti chiama, ti dice "girati, scema, girati che son qui!!"
Ti giri e per un po' riacquisti un attimo lucidità. Ti rendi conto che sono solo sogni. Solo paure.
Ce la puoi fare. In definitiva sei un adulto no?! Beh sì. Questo non mi rende necessariamente meno sensibile al dolore o a qualsiasi altro stato emotivo.
Non vuol dire che sia più semplice; con tutti i maestrini intorno a dire che "passerà" e "andrà meglio" e "dai non piangere"...
Quelli che pensano che segno di forza sia non soffrire o non mostrarsi sofferente. Fatevi n'altro giro sulla giostra che ancora la coda di volpe non l'avete presa...
Allora, torniamo a noi.
Nell'arco della nostra vita ci troviamo davanti a problemi più o meno gravi che toccano la nostra emotività.
Problemi che variano dalla più elementare "rottura" con il primo fidanzato (anzi come dicevano le nonne, il ragazzino) all'interruzione di un rapporto ormai più maturo. La perdita di un impiego, il rendersi conto che non tutte le persone sono quello che sembrano. Perdere un lavoro a causa di persone grette e meschine. Trovare invece persone meravigliose dove non pensavi di trovarle. Trovare una vecchia fotografia che ti stringe il cuore. Perdere persone che amavi. Perdere compagni animali che amavi.
Perdere.
E tu affronti tutte queste perdite con tutta la forza che hai. Graffi e urli e piangi e sorridi; sì sorridi. Perché anche il sorriso è un modo di affrontare le perdite. Scherzi e ti vesti colorato. Perché anche con il colore si affronta la perdita.
Ci vuole tempo. Ce ne vuole tantissimo. Il tempo che serve a superare qualsiasi tipo di perdita si allarga, si allunga, sembra infinito, sono passati due anni e a te sembrano mille, la fatica di combattere ti ha talmente sfiancato che sei quasi pronto a lasciarti andare....oh che meraviglia galleggiare nell'oblio, la pace...perché combattere ancora, uff lasciatemi in pace, voglio andare a riposare...la follia ha una voce così dolce...ma mentre ti lasci fluttuare...BANG!!! la tua presenza ti riprende giusto per i capelli....appena in tempo. Ma lasciare cosa?! Ma andare dove?! Ma sei matta?! No, dico io, con tutta la fatica fatta...
Ecco appunto e se io non volessi più faticare?!
Ah, beh, fai tu...se non vuoi più faticare sei libera. Nessuno ti tiene.
Ecco...vedete come è subdola?! Carogna. Sa benissimo che è una cosa che io non sopporto. Mollare. Arrendermi e magari lasciare tutto a chi viene dopo.
Uff. Lo so che ha ragione. Ha sempre ragione.
E allora...gambe in spalla e andare avanti.
E allora cosa si fa?!
Si cerca di fare il punto della situazione, ci si mette a sedere e si pensa. Allora, cosa c'è da fare?! Questo...va bene. Però per fare questo dobbiamo fare prima quest'altro. Tutto si mette in moto da solo, alla fine la logica inizia a fare i conti da sola, a seguire la sua strada, nemmeno si ricorda più di te....un passo dietro l'altro, uno dietro l'altro. Tutto prende una forma e le cose vanno come devono andare. E se non vanno proprio come devono, si cerca quanto meno di arrivarci il più vicino possibile.
Uno dei segreti è non procrastinare. Non rimandare continuamente quello che si deve fare per la paura di farlo. La tentazione è forte. Se ti metti ad un tavolo trovi altre duemila cose che potresti fare. C'è da mettere a posto la casa. Avevo detto che spolveravo e continuo a rimandare. Se non sposto i libri dalla biblioteca non posso portare gli altri ecc.ecc.
Poi devo fare lavatricelavastovigliestirarefaredicontodirefarebaciareletteraetestamento.
Insomma, parliamoci chiaro, quando devi trovare una scusa ne trovi mille.
Perciò c'è solo una cosa da fare.
Farla.
E come si fa a farsi forza e fare un qualcosa che può solo tormentarti l'anima?!
Ecco un modo potrebbe essere questo:
Si prende un gran respirone, si chiudono gli occhi e si espira facendo il primo passo.
Ecco. Il terreno c'è. Respirare lo sai ancora fare. Lo stomaco è al suo posto.
Ora manca di aprire gli occhi.
Apri gli occhi e vedi.....

venerdì 24 gennaio 2014

Nebbie e ricordi

La nebbia è insidiosa. Nessuna forma è abbastanza solida per essere sicura della sua reale natura.
I colori sono tenui, quasi spenti. Gli odori giungono lontani, le voci come se venissero da un altro tempo...
E forse è realmente così. La nebbia è la porta che si apre sul passato, su i nostri ricordi.
Scene affollate, alcune un po' più lunghe, altre sfuggenti, in cui non fai tempo ad affacciarti che subito sei già da un'altra parte. Ti soffermi in una stanza, ne gusti colori sapori e sensazioni, ma poi, in mezzo a tutta quella nebbia, scivola via.
Cerchi di riafferrarla, ti sforzi, ma è andata.
Allora cerchi di focalizzarti su di un solo ricordo nella speranza che gli altri, gelosi, accorrano e che fra loro ci sia quello che prima ti ha gabbato.
Ma non c'è. Maledetto. Eppure io ti ho visto. Ho sentito un odore familiare. Un odore di campagna. Un retrogusto di giochi e risate di bambini (noi).
Un sapore di cibo cotto nel forno a legna. Rumori di mestoli ed ordini di donne impartiti ad uomini occupati a fare gli uomini.
Chiacchiere e sigarette ( e questo mi è familiare tutt'oggi, anche se io ho smesso di fumare, ma son solo due anni, il ricordo è vivo), risate di grandi e piccini.
Una cucina con una finestra da cui entra quella tipica luce primaverile così allegra ma non ancora abbastanza calda e....eccolo che scappa di nuovo.
Mi concentro. Niente. Accidenti se è veloce il piccolo!
Ma io non mi arrendo. No.
Allora penso a qualcosa che mi leghi al ricordo e lo prendo per mano perché mi possa guidare attraverso la nebbia.
Penso a mia mamma. Ancora ben in carne, con quegli occhiali assurdi che però negli anni '80 erano molto diffusi. Occhialoni larghi, color tartaruga (ma pensa tu cosa mi ricordo). Mia mamma che sorride e chiama, naturalmente pronta a scoppiare se non ci presentiamo subito. La mamma era così...chiamava una volta. La seconda era più sostenuta. Alla terza era tempesta.
Ecco...maglione rosso...occhiali...camino!!! Eccolo; un camino con davanti una bella tavolata di adulti che chiacchierano, donne che servono impazienti:  "dammi il piatto, su" " dammi il piatto Martina, forza" e noi bambini tutti insieme al tavolo, angolo in fondo, dalla parte della cucina.
Ci divertivamo ad inventare linguaggi nostri. Frasi segrete, secondo noi estremamente difficili da interpretare. Pausa. Partenza.
Eravamo tutti insieme e litigavamo e giocavamo e correvamo senza che avessimo stabilito né che gioco fosse, né se avesse qualche tipo di regola.
Mi ricordo davvero tanti pomeriggi trascorsi così, pomeriggi nel sole, inverni in casa a giocare mentre aspettavamo che le mamme ci chiamassero. A ascoltare di quando in quando i discorsi dei grandi, che per noi erano incomprensibili, ma proprio per quello avevano grande attrattiva.
Certo, la curiosità durava poco dato che poi avevamo nuovamente da giocare, chiacchierare e litigare.
Mi ricordo una volta di una "rissa" (parolone) in cui io ho tirato la corda per saltare e ho ricevuto in cambio un pugno. Eravamo decisamente pari, perché i manici della corda erano di legno ed avevano sortito l'effetto desiderato; ma anche il pugno nello stomaco aveva fatto la sua degna figura.
Contemporaneamente arrivo delle mamme, che hanno una loro opinione personale sull'intervento nelle risse infantili:
"Ma cosa fai sei scemo?!". Scappellotto.
"Ma lei mi ha tirato la corda!"
"Marta ma è vero?!" .Scappellotto. Naturalmente la domanda era stata puramente retorica.
"Ma lei è una femmina!!!" Scappellotto.
Io ho guardato mia mamma già pronta all'inevitabile.
" Non voglio più nemmeno sentire una cosa del genere voi due!!" Sculaccione.
A posto. E così c'hanno pagati tutti e due allo stesso modo.
Sguardi di profondo odio. Stizza infantile.
Dopo mezz'ora ovviamente eravamo nuovamente a giocare insieme. Inoltre eravamo i fratelli maggiori, la coalizione era doverosa. Poi ci volevamo molto bene, ecco tutto.
E' bello perché ad una certa età non sei bambino o bambina. Siamo bambini e basta.
E va bene così. Poi cresciamo e le cose si fanno, appunto, nebbiose.
Ma i ricordi restano. Persi in quella nebbia, o almeno così tu li credi. Persi.
Invece sono lì, ad un tavolino, come i tuoi genitori, a fumare sigarette, bere del buon vino ridere litigare. Una famiglia composta da diverse famiglie. Con tante cose in comune e tante diverse, che portavano a meravigliose giornate, cariche di discussioni più o meno serie che finivano con l'intervento severo delle varie mogli/mamme, pacificate dall'inevitabile caffè che sentenziava la fine di ogni pasto.
Ecco vedete?!
Come sempre. Il caffè. Ragazzi, non c'è niente da fare, posso frugare in tutti i ricordi, cercare ogni scena possibile e immaginabile; ad un certo punto qualcuno faceva un caffè.
La nebbia cala. Ecco ora puoi andare via, piccolo ricordo. Non ha fatto male no?! Non ti ho mica stretto, ti ho solo trattenuto il breve tempo di poterti guardare negli occhi.
All'improvviso mi ritrovo all'Isolotto. L'ultima casa con i miei. Ho 18 anni e divido la camera con mia sorella. Abbiamo il vizio di spostare i mobili la notte.
Ovvero, siccome non troviamo la camera di nostro gradimento, spostiamo un po' i mobili per sistemarla a nostra immagine e somiglianza. Certo, questo ha comportato vari tentativi, notte insonni e alzate di occhi al cielo da parte della mamma ma tant'è...
E trovo questa immagine.
La biblioteca è verde. Verde verde. Naturalmente zeppa di libri e fumetti. Dalla libreria parte la mia scrivania a dividere la stanza.
Accanto il mobiletto (credo di qualche nonna) con le ante a vetri, anche quello ricolmo di libri.
Altra parte di biblioteca; questa piena delle nostre cassette musicali e del mio (allora) fighissimo stereo ottenuto per l'importantissimo diciottesimo compleanno.
Su un piano su tre c'è una candela, di varia forma e dimensione e generalmente almeno una è accesa.
In questo ricordo alla scrivania non ci sono io. C'è la Laura. Ha la coda e sta studiando. Accanto una tazza di tè (quella del caffè sono io, ricordate?!). Messa nella classica posizione felina da tutti comunemente definita "a pollo" sulla libreria a vetro l'allora gatto di famiglia, Minou. Terribile gatta dall'ancor più terribile carattere, attraverso i graffi della quale son passati tutti gli amici ed i parenti di famiglia.
I nostri vari cani, nel corso degli anni, si erano loro malgrado trovati totalmente assoggettati a questa sanguinaria dittatrice dal pelo nero.
Ecco questo ricordo è vivissimo.
Ma anche questo ricordo meraviglioso all'improvviso sfuma nella nebbia, forse perché è molto tardi e in realtà la nebbia che lo avvolge è quella del sonno.
Può essere.
Quanti ricordi ho intravisto solo in questa breve visita?! Tanti ricordi da cercare, da trovare, da stringere forte.
Mi lascio andare alla nebbia, stavolta a quella che scivola lungo le contrade abitate dai sogni.
Ogni casa una sorpresa.