venerdì 24 gennaio 2014

Nebbie e ricordi

La nebbia è insidiosa. Nessuna forma è abbastanza solida per essere sicura della sua reale natura.
I colori sono tenui, quasi spenti. Gli odori giungono lontani, le voci come se venissero da un altro tempo...
E forse è realmente così. La nebbia è la porta che si apre sul passato, su i nostri ricordi.
Scene affollate, alcune un po' più lunghe, altre sfuggenti, in cui non fai tempo ad affacciarti che subito sei già da un'altra parte. Ti soffermi in una stanza, ne gusti colori sapori e sensazioni, ma poi, in mezzo a tutta quella nebbia, scivola via.
Cerchi di riafferrarla, ti sforzi, ma è andata.
Allora cerchi di focalizzarti su di un solo ricordo nella speranza che gli altri, gelosi, accorrano e che fra loro ci sia quello che prima ti ha gabbato.
Ma non c'è. Maledetto. Eppure io ti ho visto. Ho sentito un odore familiare. Un odore di campagna. Un retrogusto di giochi e risate di bambini (noi).
Un sapore di cibo cotto nel forno a legna. Rumori di mestoli ed ordini di donne impartiti ad uomini occupati a fare gli uomini.
Chiacchiere e sigarette ( e questo mi è familiare tutt'oggi, anche se io ho smesso di fumare, ma son solo due anni, il ricordo è vivo), risate di grandi e piccini.
Una cucina con una finestra da cui entra quella tipica luce primaverile così allegra ma non ancora abbastanza calda e....eccolo che scappa di nuovo.
Mi concentro. Niente. Accidenti se è veloce il piccolo!
Ma io non mi arrendo. No.
Allora penso a qualcosa che mi leghi al ricordo e lo prendo per mano perché mi possa guidare attraverso la nebbia.
Penso a mia mamma. Ancora ben in carne, con quegli occhiali assurdi che però negli anni '80 erano molto diffusi. Occhialoni larghi, color tartaruga (ma pensa tu cosa mi ricordo). Mia mamma che sorride e chiama, naturalmente pronta a scoppiare se non ci presentiamo subito. La mamma era così...chiamava una volta. La seconda era più sostenuta. Alla terza era tempesta.
Ecco...maglione rosso...occhiali...camino!!! Eccolo; un camino con davanti una bella tavolata di adulti che chiacchierano, donne che servono impazienti:  "dammi il piatto, su" " dammi il piatto Martina, forza" e noi bambini tutti insieme al tavolo, angolo in fondo, dalla parte della cucina.
Ci divertivamo ad inventare linguaggi nostri. Frasi segrete, secondo noi estremamente difficili da interpretare. Pausa. Partenza.
Eravamo tutti insieme e litigavamo e giocavamo e correvamo senza che avessimo stabilito né che gioco fosse, né se avesse qualche tipo di regola.
Mi ricordo davvero tanti pomeriggi trascorsi così, pomeriggi nel sole, inverni in casa a giocare mentre aspettavamo che le mamme ci chiamassero. A ascoltare di quando in quando i discorsi dei grandi, che per noi erano incomprensibili, ma proprio per quello avevano grande attrattiva.
Certo, la curiosità durava poco dato che poi avevamo nuovamente da giocare, chiacchierare e litigare.
Mi ricordo una volta di una "rissa" (parolone) in cui io ho tirato la corda per saltare e ho ricevuto in cambio un pugno. Eravamo decisamente pari, perché i manici della corda erano di legno ed avevano sortito l'effetto desiderato; ma anche il pugno nello stomaco aveva fatto la sua degna figura.
Contemporaneamente arrivo delle mamme, che hanno una loro opinione personale sull'intervento nelle risse infantili:
"Ma cosa fai sei scemo?!". Scappellotto.
"Ma lei mi ha tirato la corda!"
"Marta ma è vero?!" .Scappellotto. Naturalmente la domanda era stata puramente retorica.
"Ma lei è una femmina!!!" Scappellotto.
Io ho guardato mia mamma già pronta all'inevitabile.
" Non voglio più nemmeno sentire una cosa del genere voi due!!" Sculaccione.
A posto. E così c'hanno pagati tutti e due allo stesso modo.
Sguardi di profondo odio. Stizza infantile.
Dopo mezz'ora ovviamente eravamo nuovamente a giocare insieme. Inoltre eravamo i fratelli maggiori, la coalizione era doverosa. Poi ci volevamo molto bene, ecco tutto.
E' bello perché ad una certa età non sei bambino o bambina. Siamo bambini e basta.
E va bene così. Poi cresciamo e le cose si fanno, appunto, nebbiose.
Ma i ricordi restano. Persi in quella nebbia, o almeno così tu li credi. Persi.
Invece sono lì, ad un tavolino, come i tuoi genitori, a fumare sigarette, bere del buon vino ridere litigare. Una famiglia composta da diverse famiglie. Con tante cose in comune e tante diverse, che portavano a meravigliose giornate, cariche di discussioni più o meno serie che finivano con l'intervento severo delle varie mogli/mamme, pacificate dall'inevitabile caffè che sentenziava la fine di ogni pasto.
Ecco vedete?!
Come sempre. Il caffè. Ragazzi, non c'è niente da fare, posso frugare in tutti i ricordi, cercare ogni scena possibile e immaginabile; ad un certo punto qualcuno faceva un caffè.
La nebbia cala. Ecco ora puoi andare via, piccolo ricordo. Non ha fatto male no?! Non ti ho mica stretto, ti ho solo trattenuto il breve tempo di poterti guardare negli occhi.
All'improvviso mi ritrovo all'Isolotto. L'ultima casa con i miei. Ho 18 anni e divido la camera con mia sorella. Abbiamo il vizio di spostare i mobili la notte.
Ovvero, siccome non troviamo la camera di nostro gradimento, spostiamo un po' i mobili per sistemarla a nostra immagine e somiglianza. Certo, questo ha comportato vari tentativi, notte insonni e alzate di occhi al cielo da parte della mamma ma tant'è...
E trovo questa immagine.
La biblioteca è verde. Verde verde. Naturalmente zeppa di libri e fumetti. Dalla libreria parte la mia scrivania a dividere la stanza.
Accanto il mobiletto (credo di qualche nonna) con le ante a vetri, anche quello ricolmo di libri.
Altra parte di biblioteca; questa piena delle nostre cassette musicali e del mio (allora) fighissimo stereo ottenuto per l'importantissimo diciottesimo compleanno.
Su un piano su tre c'è una candela, di varia forma e dimensione e generalmente almeno una è accesa.
In questo ricordo alla scrivania non ci sono io. C'è la Laura. Ha la coda e sta studiando. Accanto una tazza di tè (quella del caffè sono io, ricordate?!). Messa nella classica posizione felina da tutti comunemente definita "a pollo" sulla libreria a vetro l'allora gatto di famiglia, Minou. Terribile gatta dall'ancor più terribile carattere, attraverso i graffi della quale son passati tutti gli amici ed i parenti di famiglia.
I nostri vari cani, nel corso degli anni, si erano loro malgrado trovati totalmente assoggettati a questa sanguinaria dittatrice dal pelo nero.
Ecco questo ricordo è vivissimo.
Ma anche questo ricordo meraviglioso all'improvviso sfuma nella nebbia, forse perché è molto tardi e in realtà la nebbia che lo avvolge è quella del sonno.
Può essere.
Quanti ricordi ho intravisto solo in questa breve visita?! Tanti ricordi da cercare, da trovare, da stringere forte.
Mi lascio andare alla nebbia, stavolta a quella che scivola lungo le contrade abitate dai sogni.
Ogni casa una sorpresa.


mercoledì 22 gennaio 2014

Chi si ferma è perduto!!!

Infatti.
Devo dire che stando ferma a causa di una rottura del menisco mi sono resa conto che dopo essere stata a lungo ferma, ripartire è stato difficile. Anzi molto difficile.
Ho anche scoperto che l'ozio non è il padre dei vizi, ma l'amico di Amazon.
Infatti ho comprato tre puzzle senza avere il posto dove farli. Bellissimi, peraltro.
Ho comprato magliette per le prossime due stagioni primavera/estate. Mio marito mi ha legato alla sedia.
Credevo fosse un gioco erotico. Invece mi ha sfilato la carta ricaricabile di mano e le ha dato fuoco davanti ai miei occhi.
Ho pianto, ma poi mi sono resa conto di una cosa....morta una carta se ne fa un'altra..
Mhauhauhauah ( risata diabolica ).
Ad ogni modo, stare fermi è pericolosissimo. Anzitutto ti ritrovi alla mercè dei gatti, bestie infide e soprattutto insidiose.
E più sono pesanti e più sono insidiose. Tu siedi al tavolo, una postazione stile plancia di Star Trek creata dal marito presto santificato, spaparanzata mentre "parli" amabilmente con i tuoi amici; quando all'improvviso arriva un gatto (in genere quello più ciccione e impertinente) ed ignorandoti bellamente, come tu fossi un suppellettile qualsiasi (e pure inutile) si sdraia languido davanti al pc, puntella le zampe per allontanarlo e si getta a peso morto sul tuo polso. E mentre il tuo polso si frattura fra l'esplosione di tutte le tue terminazioni nervose, il malefico mette pure le zampe sulla tastiera.
Un po' come un amico che entra, si sdraia pigramente sul divano e già che c'è, perché no, si leva le scarpe e mette i piedi sul tavolino.
Non so se rendo l'idea.
Ho passato quasi un mese così. Ho il polso ondulato, per permettere al gatto di appoggiarsi un po' ad ogni altezza. Così; mi sembrava un doveroso atto di cortesia.
Naturalmente c'è stata una sottile ritorsione una volta riacquistata una parvenza di mobilità.
Semplici e affettuose rappresaglie, si capisce. Che so; svegliarlo all'improvviso mentre dorme gettandosi di peso sul letto urlando "watttaaa".
Oppure che so, prenderlo alle spalle facendo "buh!!!" quando meno se lo aspetta. Certi salti!
Quando ha iniziato a stiracchiarsi facendo a strisce Ello ho smesso. Vendetta trasversale felina.
Ello non poteva pagare il prezzo della mia rappresaglia.
A quel punto io però ero nuovamente deambulante...beh...insomma zoppicante per casa.
Tipo Igor. Igor dai, quello di "segua i miei passi. si aiuti con questo" e così via. Almeno è divertente. Così, ridere da sola, mentre un gatto psicopatico si infila fra la gamba e la stampella per vendicarsi di ore di sonno interrotto.
Però che dire; siam ragazzi. Si fa per ridere.
Certo, la pallina messa a tranello all'inizio del bagno è stata pesa.
E quindi ho dovuto svitargli un piano di quella che io chiamo l'astronave felina. La tipica struttura felina "arrampico/dormo/gratto le unghie di notte/ ci salto sopra mentre ti addormenti facendo rumori da film dell' orrore".
Ora abbiamo fatto pace.
Lui arriva e mi guarda. Io alzo il sopracciglio con aria ostentatamente autoritaria; lui si avvicina. Mi tira una testata (eh lui va così...testate per dimostrare il suo ammore) si sdraia, io gli porgo il polso alla giusta altezza per poter muovere il mouse e scrivere. Lui si puntella con le zampe al lato del pc e invece di spostarlo sposta un po' me.
Poi lui si addormenta ed il mio polso dopo un po' anche.
Però a parte i vari problemi circolatori le cose funzionano bene.
Piano piano ho iniziato a fare anche qualcosa in casa. Per esempio stamani volevo fare la lavastoviglie. Ho fatto per mettere una pentola e ho visto che c'era giusto lo spazio per un mestolo. Ho guardato il gatto. Lui ha alzato le spalle, mi ha passato il mestolo e poi dato che secondo il suo modesto parere aveva contribuito ai lavori domestici, ha girato il regal culo ed è andato a mangiare. Come ogni dieci minuti circa. Ci puoi rimettere l'orologio con quel gatto.
L'altro invece serve come gatto da guardia. Quando qualcuno arriva al secondo piano circa, se è di famiglia si mette a chiacchierare come fosse ad un comizio politico "mi mia ma miao mirimiao ma".
Come no, ma per la globalizzazione cosa pensavate di fare?!
Si gira e sdegnato risponde "mamao". Interessante.
Se è uno sconosciuto inizia a fissare la porta come un segugio, ovvero zampetta sollevata, sguardo pallato e orecchie indietro. E diventa di terracotta.
A quel punto non sai bene perché, ma ti ritrovi dietro la porta con un coltello in mano, ansimante, aspettando che Jason Voorhees di "Venerdì 13" la abbatta.
Al contrario suona il campanello:
"Lettura del gaaas".
Apri la porta sospirando di sollievo, ma dimentico ormai del coltello, che non può però far a meno di notare il povero lettore di lettori.
"B-buongiorno"
"Buongiorno" sorridi tu amabilmente.
"L-leggo il co-contatore"
Che tenero, penso io, balbetta...
"Ma certo, è esterno, vuole la chiave?!"
Vedo che si rilassa e urlando stridulo risponde.
" NOO, MA SI FIGURI, HO LA CHIAVE MA CHE STUPIDO". E ride come un sociopatico.
Un po' basita lo guardo e poi dico "ok, buona giornata"
"A-anche a lei..."
Chiudo la porta. Guardo il gatto ma vedo il coltello. Mi copro gli occhi con la mano scuotendo la testa.
Poi guardo il gatto: "ma vaffanculo"dico.
Dopodiché sono andata in bagno con l'intenzione di fare una lavatrice.
Non è mai facile fare la lavatrice in questa casa. Io metto tutti i panni in una cesta e li trasporto davanti alla lavatrice. Torno e uno dei gatti ci dorme sopra. Ma dorme di gusto.
Finge abilmente, dato che ho appoggiato la cesta pochi minuti prima. Capisco l'induzione auto-ipnotica della fase rem; ma c'è un limite a tutto.
Ad ogni modo, rovescio di forza la cesta ed il gatto atterra con grazia e leccandosi una zampa. Lo guardo socchiudendo gli occhi in un gesto di stizza.
A quel punto do il via alla lavatrice e vado in camera. Cambierò le lenzuola, visto che zoppico benino.
Tolgo le lenzuola e sul materasso c'è un gatto.
Lo guardo allibita.
Vado in cucina. Mi do uno schiaffo. Torno in camera. Nessun gatto sul letto. Bene.
Butto il lenzuolo di sotto.
Gatto.
Sono sicura che mentre lo stendevo non ci fosse. Mi concentro e capisco. Sono le medicine. Lo sapevo che andava a finire così, che un giorno all'improvviso avrei perso il senso della realtà.
Mi rendo conto, in uno sprazzo di lucidità che l'unica soluzione è ignorare l'allucinazione felina.
Stendo il lenzuolo di sopra.
Gatto.
Metto la coperta.
Gatto. Acciambellato. Che dorme.
Sempre ignorandolo cambio le federe ai cuscini. A quel punto mi rendo conto che c'è un gatto per cuscino. Mi giro e le lenzuola da mettere allo sporco sono una perfetta riproduzione 3D del globo terracqueo.
Come Atlante mi carico il globo di cui sopra in spalla e pari pari lo metto allo sporco.
Che serà serà.
Mi siedo sfinita sulla sedia di cucina. Lo so, sembra poco, ma con una gamba col tutore e una stampella non me la sono cavata male. Mentre mi giro per farmi un caffè noto che un gatto mi guarda davanti alle ciotole. Semi vuote.
Le riempio, faccio il caffè e mi siedo. Bevo il mio caffè facendo niente e facendolo di gusto.
Mi guardo intorno. Sola. Il pc è al suo posto che mi guarda ammiccante. Accanto un libro letto almeno trenta volte, che trovo più allettante. Infilo le cuffie e metto la musica. Leggo mentre bevo il caffè. Sola.
Sarà che chi si ferma è perduto, ma chi lo ha detto non aveva sicuramente dei gatti.
CONAN
(il ciccione
invadente)


KILA
( il gatto da guardia;
qui non molto vigile)

E comunque mi devono spiegare come fanno a stare comodi così 'cci loro.






martedì 21 gennaio 2014

A mio fratello "il piccolo si mise gli occhiali per sentire meglio" (cit. Pennac)

Ciao Guido.
Eri un gran casinista. Avevi una splendida risata e la capacità innata di fare incazzare tutti quelli che ti volevano bene. E di farti amare anche quando ti facevi odiare.
A volte mi facevi uscire di testa. 
A volte...spesso. 
Spesso...quasi sempre.
Litigavamo per quel tuo modo di rapportarti che io non capivo. Perché sembrava sempre che tu cercassi di litigare e colpivi sempre dove faceva più male. Però poi ti dispiaceva e ti scusavi ed eri così dolce che, alla fine, anche io cedevo. Io con questo carattere terribile. Io, la tua sorella maggiore, che ti ha sempre amato tanto e che forse non te lo ha saputo dimostrare abbastanza. Mi dicono tutti di sì. Che si vedeva, che tu lo sapevi....ma lo sapevi?!
E se lo sapevi...perché cazzo non mi hai chiamato?!
Da piccolo eri il mio fratellino cicciotto, basso e coccoloso.
In tutte le foto di noi da piccini, tu eri sempre o in collo o abbracciato a me. Che bello! Ma avevi già quell'espressione tipica tua, indicativa di quello che sarebbe stato. Di quello che saresti stato.
Faccia a solletico, diceva la mamma.
Alto alto bischero bischero, diceva la mamma.
Ed aveva ragione. Bischero. Perché tu volevi bene a tutti, amavi tutti, perdonavi tutti e in tutti vedevi solo bontà.
Ed io che cercavo di spiegarti che no, non tutti sono così, che vivevo nel terrore che tu trovassi le persone sbagliate, quelle che non possono fare a meno di ferire gli altri, pur di vincere, di ottenere quello che vogliono. Mi arrabbiavo io. Si arrabbiava la mamma. Sorrideva il babbo di questa ingenuità e cercava di spiegartelo come sempre faceva lui. Con calma. Con affetto e con  la seraficità che lo caratterizzavano; mentre le tre femmine intorno a te, le tigri, si incazzavano perché ti vedevano indifeso al mondo.
Io vivevo con gli artigli fuori, pronta a distruggere chiunque ti facesse star male; ma tu non lo capivi. Invece arrivavi, tutto impettito ed indignato e mi facevi arrabbiare e urlare come una pazza!
La principale fonte di colpi al cuore, mal di testa, sfuriate con mal di gola annessi e connessi, eri tu.
Perché eri e sei sempre stato l'unico che riusciva a colpirmi nei punti giusti e farmi perdere il controllo totalmente. Io che cercavo sempre di essere controllata perché volevo essere come il babbo e perché non volevo essere una di quelle persone che pensano di poter risolvere tutto con la violenza; verbale e non. Il babbo diceva che chi urla ha in genere torto o paura e, come molti animali, si fa più grosso di quel che è per spaventare chi ha davanti.
Con te era impossibile non urlare. Ragione o meno. Era davvero impossibile.
Scrivo questo post da mercoledì.
Ogni giorno vado avanti perché ogni volta che inizio mi si forma un groppo in gola e non riesco a continuare.
Anche questo sei tu.
Io mi ricordo tante cose, brutte e belle, cose che abbiamo fatto da piccoli e cose che abbiamo fatto da grandi. Abbracci urla risate e pianti. Ne hai combinati di guai. Tanti. Facevi impazzire la mamma e il babbo.
Volevi sempre essere ascoltato, ma parlavi sempre nel momento in cui non ti potevano ascoltare. Mi ricordo che la mamma domenica sera vedeva NCIS. Le piaceva, staccava la testa da tutti i dolori e le pene. Dopo essere stato due giorni fuori arrivavi e iniziavi a parlare sopra il film, la mamma si arrabbiava e tu le gridavi che non ti ascoltava mai e partiva la litigata, perché ascolti le sorelle e non lui.
Ma non ti sei accorto mai che alla fine la mamma faceva di tutto per la tua testa dura?! Perché è vero che non aveva un carattere che si potesse definire tenero, ma dimostrava il suo amore a gesti e ha fatto di tutto per dimostrartelo; a modo suo, certo, ma lo ha fatto.
Capisco che essere l'ultimo non abbia aiutato. E poi essere il "maschio" ha comportato anche pressioni che noi non avevamo. Lo so, un figlio è un figlio, ma in italia tant'è.
Ho duemila ricordi che mi si affacciano alla mente senza soluzione di continuità, mi vengono in mente, scoordinati agitati; vogliono essere tutti il primo. Vogliono essere "il più importante".
Quindi scriverò via via quello che mi viene in mente.
La mamma ti sgridava perché scrivevi male. Me lo ricordo. Mezzo corsivo, mezzo stampatello, errori a sfare. Però scrivevi delle cose bellissime, perciò anche quello passava in secondo piano.
Qualsiasi cosa passava, alla fine, in secondo piano. Per ogni difetto terribile avevi qualche pregio. Avevi questo modo assurdo di farti perdonare con regali, abbracci e sorrisi malandrini.
Di solito quando una persona muore diciamo che era una persona meravigliosa, un santo, sempre stato bravo e blablabla.
Ma io non ti santificherò, Guido. No.
Io ti ho amato fortissimamente. Sei sempre stato "il piccolo" di famiglia. Guidy, Guidus, Dido. Sempre tu.
Ma non eri un santo. E non eri sempre bravo. E a volte eri pure stronzo, diciamo le cose come stanno.
Perché chi ti ama deve accettare i tuoi difetti, non nasconderli.
Parlavi a macchinetta, non c'era verso di interromperti. Eri talmente permaloso che se eri in cattiva giornata prendevi tutto come un'offesa. Litigavi con la mamma per la voglia di litigare, litigavi con me perché mi dovevi sfidare di continuo, litigavi con la Laura perché la Lalla era tua.
Non ascoltavi nessuno perché eri presuntuoso e pensavi di sapere già tutto, cosa che ti ha portato a mancare di alcune cose che forse ti avrebbero rafforzato.
Litigavi continuamente con il babbo perché volevi a tutti i costi il suo affetto, che avevi già, e la sua approvazione, che era difficile da ottenere.
Quando litigavi riuscivi a tirare fuori le peggio cattiverie e solo quelle che sapevi sarebbero andate a segno. Volevi avere ragione a tutti i costi e se dovevi far male...beh, che fosse.
La mamma diceva che eri un gesuita e da grande, quando ho capito cosa fosse un gesuita (a sei anni se ne sa pochino) mi sono resa conto che un po' lo eri. Non con malizia, ma lo eri.
Avevi il vizio di rubacchiare qua e là a me e la Laura cose come orecchini, magliette, film e poi dicevi "no, ma questo è mio!" e negavi l'evidenza senza vergogna.
Quando sia la mamma che il babbo si ammalarono sparisti. Entrambe le volte. Ed io ero così arrabbiata e furiosa con te! Oddio, come ero furiosa!
Però sapevo perché sparivi e quando la gente ancora dice "che sei sparito fregandotene" io ti difendo a spada tratta, perché non capiscono che non lo hai fatto per mera vigliaccheria. Ed io ero arrabbiata perché ti avrei voluto vicino e avrei voluto una mano. Tutto lì.
Ma quelli che pensano di poter giudicare il comportamento di un figlio in quei momenti sono personcine, non persone. La rabbia di una sorella è profonda quanto l'amore e la consapevolezza del sangue. La rabbia altrui è rabbia superficiale, fondata solo su principi dell'etica sociale e morale, sul mantenimento di un'apparire che consenta di mantenere agli occhi altrui un'integrità che, sinceramente, in certe occasioni non ha senso d'essere.
Pennac rende bene l'idea delle reazioni delle persone in queste situazioni : c'è chi urla, chi piange chi si strappa i capelli, chi si arrabbia, chi prende la situazione in mano e si consola con le carte.
E poi c'è chi corre.
E, come Benjamin Malaussène, tu correvi. Attraverso la nostra rabbia, il tuo dolore, rimproveri estranei degli estranei, tu correvi.
Ma credo che in qualche modo non corressi da solo. Ho visto tanti amici e tanto amore. Magari erano loro che ti accompagnavano e confortavano nella tua corsa; come io e la Laura avevamo i nostri amici che ci confortavano in quel momento.
Sei venuto tante volte a casa mia, ho foto meravigliose di e con te. Natali assurdi passati prima e dopo la mamma e il babbo. Liti varie fra fratelli che si concludevano sempre con una risata.
Mi ricordo come fosse ieri quando ancora vivevo all'Isolotto, dopo la morte del babbo, una sera non riuscivo a dormire perché non smettevo di piangere per quanto ci provassi. Tu rientrasti in casa. Andasti a posare tutte le tue cose (buttandole sul tavolo ovviamente), accendesti il televisore e poi arrivasti da me. Ti mettesti a sedere sul letto e dicesti "mimma non piangere" e già avevi gli occhi lucidi pure tu. E mi abbracciasti e piangemmo insieme. Tanto. Poi come al solito iniziammo a scherzare e fare battute, perchè è così che noi affrontiamo la morte; a suon di risate.
Mi alzai e ci bevemmo un te insieme. Poi andammo entrambi a letto.
E il giorno dopo, giù a litigare. Eh sì.
Era bellissimo.
Mi ricordo di te, che prendevi Nina (il mio cane per chi non lo sapesse) e la portavi di notte al parco di Villa Vogel, a leggerti il libro sotto i lampioni mentre lei scorrazzava libera.
Un ricordo bellissimo dell'infanzia:
Impruneta. Tu hai 4 anni circa. La mamma che faceva i dolci ancora. Ancora ne aveva il tempo e la voglia.
In cucina c'era una grande madia, in cui la mamma teneva varie cose.
Una mattina apre la madia e trova una scodella. Dentro la scodella tu avevi messo farina, zucchero e un bell'uovo sopra. Aperto non si sa come, oltretutto.
Poi, come se fosse il forno, avevi messo lì dentro la ciotola ed eri tornato a dormire.
La mattina dopo, mentre noi siamo a tavola, la mamma apre la madia per prendere i biscotti e...trova il fantastico dolce di Guido.
Inizia a ridere come una matta e chiama la nonna e il babbo. E' uno dei pochi ricordi che ho della mamma che ride con tanto gusto.
Un'altra volta, verso i sei forse sette anni, la mamma ti trovò davanti alla porta di casa a Firenze, con un fagottino fatto esattamente alla Linus, con bastoncino e un cencio e quando ti chiese "oh, Guido, ma cosa fai?!" la tua risposta fu "vado via di casa". All'interno del perfetto fagottino c'era un ricambio completo: dagli slip ai calzini, maglietta pantaloni e golfino. Però aspettava un passaggio. Prima doveva fare colazione...insomma cose da Guido.
Mi ricordo quando eravamo piccoli che andavamo tutti a dormire nel lettone (in effetti gigantesco) della nonna e lei ci raccontava la favola dei tre fiorellini. E tu non volevi mai essere l'azzurro perché era un colore triste. "posso essere verde?" Certo che puoi.
E ritrovarsi a vedere sempre sempre sempre tutti i santi anni "Tutti insieme contemporaneamente".
E aspettare a gloria Natale per fare l'albero ma soprattutto il presepe, dove tu mettevi da piccolo come da grande personaggi senza senso.
Ho da qualche parte la foto di un presepe con in mezzo un puffo.
Ci mettevi tipo macchinine, giochini, pupazzi.
Ho io il tuo orsetto Miele. E' ancora da me. Ti ricordi?! C'erano Jack (io) Marmellata (la Laury) e Miele (tu).
Ecco Miele credo sia l'unico che ho ancora.
Jack l'ho perso in un trasloco, Marmellata non lo so.
Tante cose Guido.
Tanti ricordi. Le tue gentilezze. L'attenzione che avevi nei confronti della nonnina Angela (che spero ora ti stia vicina per chi ci crede e per chi non) e per la nonna Lidia, fino a venerdì scorso che eravate a fare l'aperitivo alle Oblate e siccome non c'erano cose buone per lei, sei andato al banco e ti sei "imposto" per avere una vagonata di patatine. Eri così. Guai a toccarti la nonna! Eri quello che più mi facevi incazzare, ma poi eri il primo a venirmi a dire "mimma devi dormire, sennò ti senti male". Eggrazzzie...
Arrivavi sempre con un pensierino. Litigavi ma poi cercavi. Questo Natale ti avevamo preso un telefono, che poi avevano sbagliato non so cosa e ci avevano dato un mp4...e tu comunque contento perché faceva le foto, ci sentivi la musica ci hai chiesto di scaricarti i gruppi musicali. Mi hai mandato un sms perché in settimana ci vedessimo per fare le foto ai gioielli.
Le foto ai gioielli.
I tuoi gioielli. Eri così orgoglioso dei tuoi gioielli. E ne avevi motivo perchè facevi delle cose meravigliose. Ogni tanto scadevi nel peggiore dei kitsch e ti si doveva far notare che..ehm..Guido, no, bellino è bellino...ma non è un po' pesante?! E giù stizzito ché non ti si poteva dir niente! E la tribolazione dell'artista! E i dolori del parto dell'opera d'arte! E l'ignoranza del popolo che non riconosce il genio! E noi a prendere il caffè lasciandoti sbraitare da solo che tanto ormai eri partito e allora addio.
Poi qualche ora dopo arrivavi, tutto soddisfatto e con un sorriso luminoso dicendo "guarda l'ho rifatta senza questo, ora è più bella vero?!" E portavi un capolavoro 'tacci tua (con tutto il rispetto perché sono pure i miei) che restavi attonita e dicevi "sì è bellissima, me ne fai una anche a me?!".
Perché era davvero così bella che ne volevi una.
Naturalmente prometteva poi non ti faceva mica nulla. Eh!
Aveva le sue cose che voleva assolutamente fossero in camera e voleva non si toccassero. E tutti che dicevamo che tanto per trovarle in camera sua ci voleva la scientifica....
Però Guido sapeva, sapeva esattamente, cosa ti piaceva, cosa preferivi, quale colore, quale profumo, che fiore preferivi, se ti piacevano più gli anni sessanta o novanta e tutte piccole cose che solitamente le persone non notano, per cui non provano interesse. Guido sapeva quale libro mi sarebbe piaciuto, quando noi raramente avevamo occasione di parlarne; ma Guido aveva gli occhi e le orecchie lunghe. Non sbagliava mai. Ed era questo che faceva. Per lui tu eri sempre importante. E non perché eri la sorella. No. Per Guido eravamo tutti importanti. Le persone erano importanti. Era capace di farti venire voglia di spellarlo sul posto, ma era quello che sapeva che martedì alle 17.12 avresti avuto bisogno di un fiore blu per essere consolata; prima che fossi tu a saperlo.
Aveva un sesto senso affinato dalla tanta attenzione che noi tutti gli rimproveravamo di non avere.
"Non stai mai attento!"- "Non ascolti mai!"- "Se stessi un po' attento, Guidino".
E invece lui era attento...certo a modo suo. Per cose che, secondo lui, erano quelle fondamentali.
Semplicemente aveva altre priorità. Le sue priorità. La sua idea di vita. La sua logica. Ed una volta capita il suo modo di ragionare..beh, in un certo senso c'era una folle logica...
Per esempio, prendeva indiscriminatamente quello che gli serviva, ma poi veniva da te e fresco come una rosellina di maggio diceva "te lo rendo non mi serve più!!"
Ah, perché, te lo avevo prestato?! Sopracciglio alzato da questa parte, la faccia dell'innocenza dall'altra. Va bene, lasciamo stare, grazie per avermela resa e fine.
Cosa ci volevi fare?! Guido era così.
Io ho visto tante tante persone all'esposizione (dio che parola odiosa e orribile, a prescindere che quello lì dentro non era mio fratello), ho visto tantissime persone. Persone che erano realmente tristi e disperate per Guido. Persone che conoscevo e persone mai viste che si sono rivelate, durante quei giorni e anche dopo, persone stupende e sensibilissime.
Persone che mi conoscevano nonostante io non conoscessi loro. Addirittura una ragazza carinissima mi ha detto " Tu sei la Marta?! Ti riconosco dalla descrizione che mi ha fatto Guido".
Lì mi è preso un bel groppo in gola e mi sono salvata dalle lacrime solo perché c'era la nonna.
E chi mi ha detto che l'ultimo dell'anno portavi la sciarpa che ti avevo regalato. E non so quale perché te ne ho regalate un paio e via!!!!
Spero solo che qualcuno ti abbia fatto una foto almeno avrò una bella foto di lui e scoprirò anche quale sciarpa portava!!
Oddio, non so. Avrei tante di quelle cose da dire. La mia testa è un turbinio di domande senza risposta e che molto probabilmente mai ne avranno una.
Non riesco a fermare i ricordi, quindi devo smettere di scriverli, ché continuano a spintonarsi l'un l'altro e sinceramente sono anche un po' chiassosi "c'ero prima io, no io sono più importante! yaddayaddayadda" insomma la cosa si sta facendo cacofonica. Perciò saluterò Guido con una frase che ben lo rappresenta

Il piccolo si mise gli occhiali per sentire meglio 


Cercherò tutte le sue foto, nella speranza di poter fare un bellissimo album a disposizione di tutti quelli che me ne hanno chiesta una.

Nel frattempo io ti ricordo che ti ho amato tantissimo, sin da quando ho capito che eri il mio fratellino e che nessuno, nessuno mai avrebbe potuto farti del male. Mi dispiace, forse non sono stata abbastanza brava, ma tu sai che ho lottato fino all'ultimo e che ti amo tantissimo.
Non ti chiamerò e non mi dispererò perché non voglio che tu soffra sentendo la mia pena, dopo aver sofferto tanto in questa vita, voglio che tu sia felice da scoppiare! Ti meriti tutta la luce e tutto il sole di questo e di altri mondi.
Una persona a cui voglio molto bene mi ha detto che tu non avevi li "strumenti giusti" per affrontare questo mondo. Aveva ragione lui. Davvero. Eri indifeso alla vita; o forse siamo noi che siamo troppo preparati?! Non lo so. A volte avrei voluto avere la tua ingenuità, la tua sicurezza che alla fin fine le persone sono buone. Avrei voluto avere un cuore spazioso some il tuo. Quel cuore che abbracciava tutti; e Dio sa quanto avrei voluto averlo, perché a volte pensavo tu fossi scemo, per poi rendermi conto che eri solo una persona pulita, nonostante tutto quello che è successo.
No, non avevi li strumenti, né il babbo e la mamma erano riusciti a darteli. Non ci siamo riuscite nemmeno io e la Laura, la nonna e tutti i tuoi amici, testardo che non eri altro.
Però ho almeno avuto la consolazione di vedere che tutti quelli che avevano avuto un posto nel tuo cuore te ne avevano fatto un po' anche nel loro. Questo è bello. Questo mi rende felice.
Ma insomma Marta stai continuando! Eh!
Ciao Guidino.
E comunque hai davvero una faccia da culo in questa foto! Ti adoro. Questo eri tu.




sabato 11 gennaio 2014

Bimbi sperduti

Posso oggi dire con orgoglio che noi eravamo bimbi sperduti. Nel senso che la nostra generazione ha sognato tanto. Ha sofferto e amato tanto. Vissuto tanto intensamente tutte le idee, i sentimenti, i sogni.
Il mondo dell'impalpabile era sottile in certi momenti e potente in altri.
La generazione che andava nelle case cosiddette "stregate", nei manicomi abbandonati per vedere cosa ci fosse e così via. Perché l'impalpabile, signori miei, non è mica così incorporeo e lontano come si crede!
Probabilmente ora non sentiremmo quello che sentimmo allora.
Vedremmo le cose da una prospettiva diversa. Più "matura", ci dicono.
Più arida, rispondiamo noi.
Molti di quelli che conoscevo (grazie a Dio non troppi per i miei gusti) ora sono più "maturi".
Vedono le cose per come sono. Loro adesso hanno smesso di sognare. Vivono nella realtà.
Nessuno è davvero leale o pronto a sacrificarsi per te. Le cose stanno così, non si possono cambiare. E tu cosa vorresti fare?! Pensa piuttosto a te stesso, poi semmai...fra i due mali scelgo il minore. Va bene amici, ma ora....
La relatà dicono. Noi viviamo nella realtà.
Io no. E questo non perché disdegni la realtà. Anzi a me La Realtà in buona misura piace. Non quella realtà. Non la realtà emotiva che spacciano queste persone. Quella no. A me piace la reale realtà.
La reale realtà la trovo luminosa e colorata e solida e profumata; adoro l'odore della notte. Specie quando fa un freddo gelido, vedi il tuo fiato e l'aria ha un profumo ghiacciato e fa pensare a nevi perenni che non credo riuscirò a visitare se non con la mente.
Ma contemporaneamente, eccola lì. Quella sottilità. La sensazione improvvisa che in quell'aria non sia tu l'unica a respirare. Di non essere sola. Quel battito impercettibile del cuore, lo stomaco che si stringe e l'anima (ma è lei?!) che si apre all'aspettativa ed all'emozione! Poi un respiro enorme. L'idea di respirare per due. Un attimo....
Ed eccoci di nuovo in terrazza da soli; perché ora siamo soli; ma per un attimo eravamo in due almeno.
Coscienza collettiva?! Contatto di qualche tipo?! Che importa?! Sorridi e questo è bello.
L'aria della realtà è altrettanto bella e profumata di quella di quel qualcosa. Che cosa cambia?!
Ah, sì, direte. Quella non è stata reale.
Reale è il respiro che esce fumando dalla tua bocca, la ringhiera fredda, la strada vuota e l'assenza di rumori perché di notte, santo Iddio, si dorme!!! Che ci fai affacciata alla terrazza al freddo se nemmeno fumi più?! Ma che sei grulla che ti prendi una polmonite!
Va bene, va bene. Rientriamo, tanto le sottilità sono dove meno te l'aspetti.
Da ragazzi c'erano posti "speciali", dove le cose sembravano diverse da quello che erano. La consistenza sembrava diversa. I rumori amplificati a mille.
Naturalmente questo ci divertiva e ci spaventava. Ma la paura cede presto il posto alla curiosità e quindi...suvvia, la fantasia non riesci mica a nasconderla, a dissuaderla dal far capolino ogni cinque minuti! Eh no! E poi ha pure un caratteraccio. E' prepotente, insistente ed'altra parte ha il suo fascino, siamo sinceri. Perciò come ignorare la Fantasia?!
Insomma smettere di sognare era difficile. E poi, chi lo voleva?! Nessuno in quel momento. Nessuno di noi voleva smettere di immaginare.
E allora era importante e bello stare tutti insieme.
Facevamo le grigliate, la ciccia comprata con collettoni improbabili di "paga della settimana" molto più improbabile.
Ebbene sì, a 18 anni avevi la settimana. Chi più o meno cospicua; chi lavorava più cospicua ovviamente.
A 18 anni avevi il cellulare sì, quello che costava il giusto, tanto ti serve per telefonare, anche perché altro non ci potevi fare. E tieniti stretta la ricarica, perché la frase più comune era "l'hai già finiti?! E a chi devi telefonare?!".
A chi! Eravamo una dozzina! Organizzare una cena era tutto un "allora lo fai te?! Per quello sento lui poi ti richiamo. Lui non ce la fa, chiami te l'altro?! Ah devi chiamare lui?! Allora niente dai chiamo io. Lei chi la va a prendere?! Eh figurati se non andava lui, l'imbroccone".
E in quel momento pensavi "sia benedetto il telefono fisso a casa...."
Il motorino?! Il motorino lo dovevi tenere come fosse ORO. No, dico, io avevo un sì, comprato usato, probabilmente in fin di vita, che macinava chilometri su chilometri, spesso con qualcuno dietro, a cui facevo il pieno con i soldi che ogni tanto mi dava il babbo di nascosto.La mamma era più.... mamma. E vedeva tutto; quindi vedeva anche quello, ma lasciava fare.
Ho scoperto negli anni che manca poco sapeva cosa pensavamo io e mia sorella...anzi senza il manca poco. Quando tua madre risponde alle tue obiezioni prima che tu le faccia, l'unico sentimento che provi è la paura. Occhi sgranati e silenzio reverenziale in cucina. Mamma che ti guarda come dire:  "ora tu sai che io so e io so che tu sai che io lo so. Sallo".
Per fortuna dal punto di vista "amici" in casa nostra vigeva il concetto: "amici = figli adottivi, e come tali verrete nutriti, considerati e, ahimè, trattati. A vostro rischio e pericolo. Fate vobis".
In media almeno cinque-sei persone viaggiavano regolarmente in casa nostra. I "residenti". Come l'Amanda che negli anni era diventata figlia onoraria. Sedeva accanto alla mamma (beccandosi pure ogni tanto lo scappellotto di rito), la chiamava per nome e a volte pure mamma Carla e andava benissimo così.
La Gaia anche lei adottata sulla nave Beritelli, mamma Carla al timone, e soprattutto alla cucina ed al comando. Era la Mamma e quindi....aaaa-ttenti!!! :D
Poi Stefano. L'Inno. Era più grande di mio padre. Ed era l'unico che chiamava mia madre Carlina.
Penso che lui non si sia mai in pieno reso conto cosa voleva dire il fatto che mia madre glielo permettesse. Perché naturalmente non ha mai capito che era una concessione che esprimeva un grande affetto. Un affetto che riservava a pochi. Spero che alla fine se ne sia accorto.
Poi più o meno i fluttuanti, i fidanzati ovviamente, fagocitati dalla famiglia, ma sempre sotto l'attento occhio dei miei genitori, di cui loro non si rendevano conto ma noi figlie sì. Ovviamente ci siamo sempre ben guardate dal dirglielo. Inutile creare panico fra la folla.
Eh sì.
Gli amici storici miei e di mia sorella, che riempivano la casa di voci, risate e pettegolezzi. Tutto sotto il bene placido dei miei che erano contenti di avere tutti questi "disgraziati che non siete altro" come ci definiva sorridendo la mamma. Che spettegolava con noi, tanto per esser chiari.
Ho delle foto bellissime. Ragazzi di 20 anni che giocano a carte coi miei. Mia madre che fa le faccine mentre io faccio le foto. Cene con rigoroso bicchiere di vino rosso, pena l'allontanamento dal tavolo. Mio padre che prepara la grigliata in casa. Foto che ricordano vecchi dipinti in cui sono ritratti: Padrone di casa, Padrona di casa, cani (2), gatto e una decina di figlioli. Due somiglianti gli altri...l'adozione non sempre prevede somiglianza. Nell'angolo la credenza, in secondo piano il tavolo di cui sopra con i calici di vino. La cucina economica...
E soprattutto.
Sì. Avete indovinato.
Soprattutto il Caffè.
Capite perché il caffè è ovunque?!
A qualsiasi ora, per qualsiasi persona, il caffè veniva considerato la prima cosa da fare.
Ho avuto amici che alle quattro staccavano da lavoro e passavano a prendere il caffè. Mio padre si alzava alle tre per lavorare. Io sono un insonne da sempre. Ero sveglia sempre fino almeno alle cinque e questo era noto a tutti. Alle tre facevo il caffè per il babbo, lo bevevo con lui e, a volte, alle quattro mi toccava rifarlo. Alle cinque andavo a dormire, alle sette si svegliava mia mamma e via così. Per fortuna i caffeomani delle quattro venivano solo previo permesso paterno per via telefonica. Altrimenti avremmo dovuto rilevare il Manaresi.
Quando eravamo tutti in casa a chiacchiera penso che almeno quattro macchinette da caffè andassero via.
E tutti ci sentivamo speciali. E lo eravamo.
Lo eravamo ai nostri occhi e lo eravamo anche agli occhi dei miei genitori, che facevano di tutto per farcelo capire. E parlando con i miei amici ci sono evidentemente riusciti. Perché tutti si ricordano i loro modi di fare e come erano accolti in casa, non come ospiti, ma come altri bimbi.
Bimbi sperduti, a cui poco bastava per essere qualcos'altro, da qualche altra parte. più di quello che erano, meno di quello che sarebbero diventati. Fra le persone che frequentavano allora casa mia pochissime non solo non l'hanno più frequentata, ma si sono allontanati completamente da noi.
Magari per causa loro. Per causa nostra. Chissà. A volte le cose vanno come devono andare, come diceva il Beritelli mio padre.
Le cose spesso vanno come devono andare; nostro malgrado.
Quello che importa è che loro siano felici. Ma sono contenta che il "nocciolo duro" abbia resistito attraverso gli anni, attraverso la sparizione dei miei genitori, attraverso le vicissitudini e le onde alte che la vita ci scaglia addosso ogni tanto.
Il nocciolo duro è rimasto. Uno solo manca e, anche se insisto che importa che sia felice, voglio solo dire che mi manca tantissimo. E che se mai leggesse questo post spero si renda conto che mi riferisco a lui. Mi è davvero mancato tanto.
Ma andiamo avanti!
La cosa bella dei bimbi sperduti è che non si perdono veramente mai. Prima o poi si ritrovano sempre. Perché i bimbi sperduti hanno qualcosa che li lega indelebilmente. Qualcosa che nemmeno loro sanno di avere, o che sanno di avere ma non sanno cosa sia.
Come giri e rigiri la vita, prima o poi si ritrovano. Hanno un comune cordone ombelicale che non li separa mai del tutto. Io non ho visto alcune persone per anni. Eppure quando hanno suonato alla porta di casa, ugualmente hanno trovato il caffè sul fuoco. Casa è per sempre. Almeno per chi la considerava realmente tale.
Tutti quelli che hanno avuto bisogno nonostante fossero anni in cui magari nessun contatto era avvenuto, alla fine hanno sempre ritrovato la via di casa.
Voglio dire a tutti i bimbi sperduti che il caffè è sempre sul fuoco, a meno che non vogliano il decaffeinato. Per quello non ci siamo ancora attrezzati.
Ma se ve lo volete portare ho talmente tante caffettiere in casa mia che una la troveremo.
E' questo che sono i bimbi sperduti. Una famiglia che è sempre pronta per esserlo. La consapevolezza che quelli che hanno continuato a sognare non vengono allontanati da quelli che hanno deciso di smettere. Che si nutrono di fantasia, fantascienza, stupidaggine, figli con cui possono giocare perché ancora abbastanza bambini, disegni, risate, starnazzate a volte, piccole cattiverie che ovviamente vengono dette all'interessato senza pietà.
Insomma una miscela di inchiostro, pensiero, suoni di risate, sarcasmo, affermazioni dissacranti a volte (siamo fiorentini, sperduti, ma fiorentini) fantasia e voglia di vivere e stare insieme.
E sempre caffè caffè caffè e ancora caffè.
Credo che il mio sangue ormai ne abbia il colore e l'aroma. E il vostro?!
Se siete bimbi sperduti...poco ma sicuro!

venerdì 10 gennaio 2014

L'ultimo del 2013. Scusate il ritardo

Questo post è del 2013.
Ho letto l'inizio. Ho capito.
Non l'ho riletto. Qualsiasi cosa ci sia scritto è mio.

Crea nuovo post
(titolo originale)
E come no?! Ho mille idee eppure non ho voglia di scrivere niente....poi non ho idee, ma ho effettivamente voglia di scrivere...
La faccenda si fa problematica, vero?!
D'altro canto è pur vero che una persona dovrebbe seguire il proprio istinto. 
Il mio istinto è scrivere. Ma cosa?! 
Sviluppiamo.
La mattina, quando mi sveglio, a volte pure avendo fame..non solo non so cosa mangiare, ma, volendo essere onesta, in realtà non ho voglia nemmeno di farlo.
Ho voglia di mangiare. Non ho voglia di mangiare.
Contemporaneamente. 
Un po' come adesso. Vorrei scrivere, mi prudono le dita, ho voglia di "svecchiare" i neuroni, ma un qualcosa si inceppa mentre parto e...blocco.
Per essere precisi la verità è che partire parto, ma poi un pezzettino inutile, che so, uno scarto di lavorazione, un ricciolo di polvere si infila improvvisamente attraverso le ruote del meccanismo.
Ecco...lo sapevo, avete ragione, se spazzassi più spesso...
Ma ultimamente non vengo proprio spesso nella casa sul lago, perciò è normale che i riccioli si presentino all'improvviso a farmi dispetti. Posso rimproverare solo me stessa.
E' che mi ero persa in una situazione che mi avvolgeva come una membrana vischiosa. E più mi ribellavo e peggio era, fino ad evolversi in una situazione grottesca. Vorrei rendere l'idea attraverso l'immagine che più mi sembra adatta 

Ecco. Direi che è perfetta. Questa è la situazione in cui mi trovo.
Ed è la situazione in cui alla fine ho deciso di non stare più.
Ma! Ma non è facile. No. Il cerchio perfetto è affascinante. La viscosità languida e avvolgente. La sicurezza del sapere come è iniziato e come finisce seducente.
Ma un'anima inquieta, ad un certo punto inizia a agitarsi, a trovare il cerchio perfetto fastidioso se non sgradevole, a trovare quasi dolorosa la consapevolezza di come sempre va a finire.
La verità è che no, non è bello. 
Non c'è bellezza. Ci sono menzogna, dolore, un retrogusto di cenere, cenere residua dei cadaveri della onestà e lealtà che prendevano fuoco alle tue ignare spalle.
Ignare?!
Ignare o speranzose spalle?!
Con che presunzione pensavo che l'onestà alla fine vincesse?! Che nel dire le cose come stavano sarebbero migliorate le cose? No!! Non solo non sono migliorate, sono peggiorate!!!!
"Mi hanno detto che tu hai detto che io ho detto..." " mi hanno detto che fai questo" mi hanno detto, detto, detto....
Tutto così. Cercando di dare consigli ottieni di essere trattata come pedante o presuntuosa.
Se cerchi di aiutare, anche quando richiesto, ti fai i fatti degli altri.
Dici le cose, sei presuntuosa.
Non le dici, sei falsa.
Fai le cose, ti intrometti.
Non le fai, sei una fannullona.
Ti interessi, sei sospetta.
Non ti interessi, sei una menefreghista.
Ouroboros.......non c'è fine.
Va tutto bene. Per un periodo, perché c'é comunque bisogno, dobbiamo lasciar calmare le acque. Dare il "contentino"; lasciare che le acque si calmino. Devono pensare che va tutto bene.
E le spalle ci credono.
Le spalle credono che sia stata un'incomprensione, che sei fra persone che alla fine ti vogliono bene.
Le tue spalle sperano.
Poi le tue spalle si illudono.
Poi le tue spalle piangono. Urlano e si arrabbiano. Le tue spalle ti tirano i capelli e fa male. E a quel punto sei costretta a girarti. Vedi le ceneri delle tue speranze e delle tue illusioni. Il loro sapore è amaro, ma almeno è reale.
Niente amicizia.
Niente sincerità. 
Nessun affetto.
Solo menzogna, magari non sempre consapevole, ma presente.
E l'unica cosa che in quel momento sai è che ci sarà una sola soluzione.
Tagliare la testa dell' uroboro e salvarti la vita e l'anima.
Perché quella che tagliano non è la tua pelle. Solo che quello che inizialmente sembra mal di stomaco, alla fine ti rendi conto essere una ferita nella tua persona, calcata e calcata nella speranza di lasciare la giusta cicatrice, un solido anello a cui mi si possa saldamente legare.
Mi spiace. La mia persona ha la pellaccia dura.
Sempre stato. Solo che per un attimo mi ero persa nella calda tana dell' uroboro.
Umano in definitiva. E umana sono.
Ho scritto.


2014!!!

Eccoci qua! E' il 2014!
Non il 2011, non il 2015...bensì il 2014!
E siamo sempre qui. Sempre fra di noi.
Con qualche importante e sostanziale aumento del nucleo "familiare" di casa, acquisizione di nuovi amici, acquisizione di nuovi nipoti. Insomma solite cose!
Quest'anno abbiamo deciso ("abbiamo" arbitrariamente io e la sora Claudia) che dovevamo un po' ampliare la nostra conoscenza dei "riti" dell'ultimo dell'anno.
Ah, certo, capisco, sì, sì capisco. Il classico.
No, noi no.
Abbiamo fatto una cena a casa nostra, con amici vecchi e nuovi, ma sostanzialmente tutti come il cappellaio matto. A partire dalla cena.
Cena a base di antipasti. Ovvero tutti gli antipasti che ci venivano in mente, conditi con un po' di sushi hand made dalla sora Claudia, la quale ha portato pure gli struffoli e una bella apple pie.
Abbiamo avuto dunque...crostini di salmone, di uova di lompo, di fegatini, sushi, torta salata della sora Gaia, crostoni mit salciccia e stracchino, ben 8 schiacciate hand made dalla sora Amanda da infornare sul momento, condite e mangiate con salsa verde fatta dal sor Alessio, le patate arrosto fatte dalla me medesima (perchè il contorno ci va comunque) e via così. Sembra che non si sia mangiato niente e invece non abbiamo smesso di mangiare mai....oltretutto alle due abbiamo cominciato di nuovo con le rimanenti schiacciate....ad ogni modo, non divaghiamo.
Ci sono stati epici momenti, fra i quali l'arrivo della Noemi e Davide, che dovevano portare "il bere".
Gli analcolici, perché avevamo deciso di andare a birre anziché a vino. E le birre le aveva portare il sor Alessio....ne ho ancora in frigo. Non finiscono mai...noi non beviamo praticamente mai e quindi restano lì per le cene varie.
Mr. D. arriva in cima alle scale (noi non abbiamo ascensore e stiamo al quarto piano, tanto per rinfrescare la memoria a tutti) con un mega scatolone pieno di tutto quello che possa essere associato alla parola analcolico.
Dopo aver fornito l'usuale bombola di ossigeno da 20 litri al signor D. lui articola qualcosa che suona come "al..a..ma..hi..na" e la Noe, fresca come un fringuello, traduce " ah, sì, ce n'è un' altra in macchina".
Mi corruccio. "Noe quanta gente hai invitato?!"
"Perché?!"
"Perché c'è da bere per una ventina di persone!"
E ridendo mi risponde che aveva paura non bastasse, mentre ormai il signor D. sta rantolando verso le prime rampe di scale.
Vabbé....
Nel frattempo io sono impegnata dalle sette (se non da prima) con la sora Claudia, ad applicare tutti i riti fortunati trovati ieri sera in rete.
Sì, cari! Perché noi ci prepariamo, noi!
Mica facciamo le cose come capitano neh! Siamo professional!!!
Allora, la prima tradizione viene dall'oriente.
Si prendono due strisce di carta o stoffa rossa. su di una si scrivono le cose che non vorremmo ci seguissero dal 2013; nel secondo quello che vorremmo ci portasse il 2014.
Si legano alla porta. A mezzanotte si legano l'una con l'altra, ci si passa sotto, ognuno con una candelina bianca in mano e poi rientrati si tagliano.
Questo è stato preparato per ultimo e a quel punto erano arrivati tutti  così noi li abbiamo subito coinvolti " oh, bellini, dite qualcosa anche voi dai".
Valanga di proposte che, ovviamente, sono state scritte tutte. E via due metri di nastro di raso!
Ad inizio serata con la Claudia avevamo preparato dei sacchettini propiziatori.
Per "avevamo" intendo che io ho dato i centesimi e la Claudia ha confezionato i sacchettini.
La sincerità sopra tutto.
Poi c'era il rito della pergamenina!!! Bello questo mi è piaciuto un sacco.
Ho preso un foglio di pergamena (che ogni pseudo-streghetta c'ha in casa) l'ho diviso in nove foglietti (tanti eravamo). Poi ognuno ha scritto le cose brutte del 2013, abbiamo sigillato il rotolino con del nastro rigorosamente rosso. Da bruciare alla mezzanotte (o poco dopo).
Poi la sora Claudia ha confezionato dei nastri di raso rosso con un campanellino portafortuna e ne abbiamo dato uno ciascuno.
Direte: ma che diforones!
Infatti.
Comunque abbiamo mangiato facendo come sempre una confusione dell'ottanta, ridendo, facendo le scenette (prima o poi filmo tutto), la Noe ci ha pure recitato la poesia di Natale (e quella l'ho registrata eheheh) e poi a mezzanotte, abbiamo brindato, mangiato il chicco d'uva (altro rito, ho letto che in Spagna ne mangiano dodici col rischio di strozzarsi. Per fortuna noi siamo italiani) e bevuto lo spumante.
A mezzanotte la prima telefonata è stata, come tutti gli anni, quella del mio fratellino di Asti, Marco, il Nero. Come sempre. Una volta gli dissi che se la prima persona a chiamarti era del tuo stesso sesso avrebbe portato sfortuna. E lui tutti gli anni mi chiama per primo. Per fortuna che ci sono i fratelli.
E ho ricevuto anche il messaggio di mia sorella. E' volato dall'Irlanda a qui sulle ali dell'amore!!!
A quel punto era il momento di fare i riti di fine anno! Via col primo!
Tutti in fila come bravi bambini, abbiamo attraversato la porta con le candeline, riempiendo tutto il pianerottolo.
Andava tutto bene, quando il campanello di casa ha cominciato a suonare fisso e con insistenza.
"oddio ora chi abbiamo svegliato" ha chiesto Ello sottovoce (perché in effetti pareva di stare in chiesa e bisbigliavamo tutti). Poi suo cugino si gira ed era appoggiato al campanello....
Siamo corsi dentro come deficienti, ridendo a più non posso.....non so come abbiamo fatto a reggere fin quando non siamo stati in casa.
E allora, ancora inebriati dalla nostra cretineria abbiamo detto tutti: "oh, dobbiamo bruciare la pergamenina! Dobbiamo bruciare la pergamenina!" Emozione generale!
Allora tutti a tirare fuori la propria pergamenina e io (distratta come uno gnu) prendo il posacenere grande dimenticando che è de vetro.
E tutti a dar fuoco alla pergamenina...ora tutte insieme però hanno fatto una bella fiammata. E tutti "ooohhhh"...ed Ello..."mmm ho paura che essendo di vetr..." ed inevitabilmente...
Stack!!! In tre pezzi precisi sul tavolo. Urlettini e risate di tutti.
Naturalmente l'idea di spegnere il fuoco non ci è minimamente passata per la testa. Non vorremo mica spegnere le pergamenine eh?! Quindi tutti a prendere un pezzo di posacenere che non bruciasse la tovaglia (nuova peraltro).
"Dai mettiamolo in un altro posacenere". Eh, non è che faccio collezione di posacenere.
Però le pergamenine hanno fatto la fine che meritavano! Tzè.
E addio al posacenere gigante.
A questo punto è giunto l'inevitabile rilassamento post-mezzanotte.
Ovvero quella che prima era giovialità e senso di attesa è divenuto quello che inevitabilmente sarebbe dovuta diventare.
Cazzeggio. Parola che in antico pre-babilonese significa: " divertimento generato da azioni e discorsi privi di senso o scopo alcuno, che portano riso, il quale abbonda sulla bocca degli sciocchi, mettete dunque voi il sale". Amen.
E si sa, quando sciogli le trecce ai cavalli...qualsiasi cosa voglia dire.
Quindi il delirio si è fatto facilmente strada fra di noi. Naturalmente parlavamo tutti insieme, ma a gruppi che cambiavano numero e personaggi a seconda dell'argomento o della rotazione data da chi si alzava per fare il caffè. Se quando per sbaglio c'era un momento di silenzio eri in piedi...si sa. Quando la musica si ferma, ti devi sedere, sennò fai il caffè.
Almeno in questa casa funziona così. Durante le feste quantomeno.
Quando sono cene (ma sempre quel numero siamo più o meno) funziona in altro modo.
Chi è più svelto urla "Tizio (Luca, Marta, Claudia ecc.ecc.) fa il caffè!!"
Una volta la Claudia lo ha urlato da metà scale.
Una volta non mi ricordo chi mi ha mandato un sms con scritto " La Marta fa il caffè".
Ora, questo mi sembra un po' fuori dalle regole, ma tant'è...ho fatto il caffè.
Durante le feste speciali dopo il secondo caffè non ci sono più regole. E' guerra senza quartiere.
Oppure povere persone ignare si alzano e...
Che ci volete fare?! In una casa dove tutto si basa sui caffè, come altro potrebbe essere?!
Ad un certo punto, non so come, mi sono trovata pure a giocare a Trivial. E quello per me è stato troppo. Eravamo in squadre di due. Tranne io e la sora Amanda. Noi avevamo la voce fuori campo.
Ello.
Ello in certi frangenti è tipo l'aiuto da casa. Ormai lo conoscete.
Sta su di una sedia, completamente disinteressato, mentre tutti intorno a lui si sentono come all'esame di terza media. Ad un certo punto, quando sei perso, non sai minimamente cosa rispondere, le tue sinapsi non connettono più e le tue cellule cerebrali si stanno pesantemente offendendo, la voce fuori campo fa:
"Cartaginesi".
Senza emozione. Nessun tremito nella voce. La Voce fuori campo non sbaglia mai.
Si fa il silenzio. Il giocatore che ha posto la domanda guarda il cartellino con le risposte che ha in mano.
La quale mano ora trema impercettibilmente. Una sottile quanto silenziosa goccia di sudore scende pigramente dalla tempia verso la mascella.
La voce spezzata. Roca. Il tono quasi reverenziale.
" E' cartaginesi."
E tutti come un eco "è cartaginesi." "è cartaginesi".
La Voce fuori campo non ha alzato la testa. Continua a giocherellare con il suo cellulare.
Tutti tacciono e si guardano attoniti.
Poi la sora Amanda dice:
A Chuck Norris de noartriiiii!!!!
Ed io urlo a braccia alzate:
"Luca fa il caffè!!!"
E via tutti a ridere e scherzare.
E così te impari a fare la voce fuori campo!
Su forza!
Il momento epico è passato.

Dopo un po', ovvero verso le cinque, tutti vanno a letto. La sora Amanda e sor Alessio nella camerina e la sora Gaia nel megadivanolettodelsalotto.
La sora Claudia è già andata a controllare i suo gatti e pesci. La Noe e il signor D. sono scappati con il trivial.
Dai che è stato bello!
L'Amanda mangia altra mezza schiacciata, mentre la guardiamo allibita...
" E' un po' come fosse colazione no?!"
"sì Ama', di farina collaterale con spolverata di ingordigia"
La prima supercazzola del 2014 è sempre bene sia fatta prima di andare a dormire.
Vabbè ragazzi notte, semmai ci si vede a pranzo. Se ci svegliamo tutti insieme, sennò in settimana.
Invece il primo eravamo tutti a pranzo insieme.
Ed è stato davvero un buon inizio dell'anno.