venerdì 24 gennaio 2014

Nebbie e ricordi

La nebbia è insidiosa. Nessuna forma è abbastanza solida per essere sicura della sua reale natura.
I colori sono tenui, quasi spenti. Gli odori giungono lontani, le voci come se venissero da un altro tempo...
E forse è realmente così. La nebbia è la porta che si apre sul passato, su i nostri ricordi.
Scene affollate, alcune un po' più lunghe, altre sfuggenti, in cui non fai tempo ad affacciarti che subito sei già da un'altra parte. Ti soffermi in una stanza, ne gusti colori sapori e sensazioni, ma poi, in mezzo a tutta quella nebbia, scivola via.
Cerchi di riafferrarla, ti sforzi, ma è andata.
Allora cerchi di focalizzarti su di un solo ricordo nella speranza che gli altri, gelosi, accorrano e che fra loro ci sia quello che prima ti ha gabbato.
Ma non c'è. Maledetto. Eppure io ti ho visto. Ho sentito un odore familiare. Un odore di campagna. Un retrogusto di giochi e risate di bambini (noi).
Un sapore di cibo cotto nel forno a legna. Rumori di mestoli ed ordini di donne impartiti ad uomini occupati a fare gli uomini.
Chiacchiere e sigarette ( e questo mi è familiare tutt'oggi, anche se io ho smesso di fumare, ma son solo due anni, il ricordo è vivo), risate di grandi e piccini.
Una cucina con una finestra da cui entra quella tipica luce primaverile così allegra ma non ancora abbastanza calda e....eccolo che scappa di nuovo.
Mi concentro. Niente. Accidenti se è veloce il piccolo!
Ma io non mi arrendo. No.
Allora penso a qualcosa che mi leghi al ricordo e lo prendo per mano perché mi possa guidare attraverso la nebbia.
Penso a mia mamma. Ancora ben in carne, con quegli occhiali assurdi che però negli anni '80 erano molto diffusi. Occhialoni larghi, color tartaruga (ma pensa tu cosa mi ricordo). Mia mamma che sorride e chiama, naturalmente pronta a scoppiare se non ci presentiamo subito. La mamma era così...chiamava una volta. La seconda era più sostenuta. Alla terza era tempesta.
Ecco...maglione rosso...occhiali...camino!!! Eccolo; un camino con davanti una bella tavolata di adulti che chiacchierano, donne che servono impazienti:  "dammi il piatto, su" " dammi il piatto Martina, forza" e noi bambini tutti insieme al tavolo, angolo in fondo, dalla parte della cucina.
Ci divertivamo ad inventare linguaggi nostri. Frasi segrete, secondo noi estremamente difficili da interpretare. Pausa. Partenza.
Eravamo tutti insieme e litigavamo e giocavamo e correvamo senza che avessimo stabilito né che gioco fosse, né se avesse qualche tipo di regola.
Mi ricordo davvero tanti pomeriggi trascorsi così, pomeriggi nel sole, inverni in casa a giocare mentre aspettavamo che le mamme ci chiamassero. A ascoltare di quando in quando i discorsi dei grandi, che per noi erano incomprensibili, ma proprio per quello avevano grande attrattiva.
Certo, la curiosità durava poco dato che poi avevamo nuovamente da giocare, chiacchierare e litigare.
Mi ricordo una volta di una "rissa" (parolone) in cui io ho tirato la corda per saltare e ho ricevuto in cambio un pugno. Eravamo decisamente pari, perché i manici della corda erano di legno ed avevano sortito l'effetto desiderato; ma anche il pugno nello stomaco aveva fatto la sua degna figura.
Contemporaneamente arrivo delle mamme, che hanno una loro opinione personale sull'intervento nelle risse infantili:
"Ma cosa fai sei scemo?!". Scappellotto.
"Ma lei mi ha tirato la corda!"
"Marta ma è vero?!" .Scappellotto. Naturalmente la domanda era stata puramente retorica.
"Ma lei è una femmina!!!" Scappellotto.
Io ho guardato mia mamma già pronta all'inevitabile.
" Non voglio più nemmeno sentire una cosa del genere voi due!!" Sculaccione.
A posto. E così c'hanno pagati tutti e due allo stesso modo.
Sguardi di profondo odio. Stizza infantile.
Dopo mezz'ora ovviamente eravamo nuovamente a giocare insieme. Inoltre eravamo i fratelli maggiori, la coalizione era doverosa. Poi ci volevamo molto bene, ecco tutto.
E' bello perché ad una certa età non sei bambino o bambina. Siamo bambini e basta.
E va bene così. Poi cresciamo e le cose si fanno, appunto, nebbiose.
Ma i ricordi restano. Persi in quella nebbia, o almeno così tu li credi. Persi.
Invece sono lì, ad un tavolino, come i tuoi genitori, a fumare sigarette, bere del buon vino ridere litigare. Una famiglia composta da diverse famiglie. Con tante cose in comune e tante diverse, che portavano a meravigliose giornate, cariche di discussioni più o meno serie che finivano con l'intervento severo delle varie mogli/mamme, pacificate dall'inevitabile caffè che sentenziava la fine di ogni pasto.
Ecco vedete?!
Come sempre. Il caffè. Ragazzi, non c'è niente da fare, posso frugare in tutti i ricordi, cercare ogni scena possibile e immaginabile; ad un certo punto qualcuno faceva un caffè.
La nebbia cala. Ecco ora puoi andare via, piccolo ricordo. Non ha fatto male no?! Non ti ho mica stretto, ti ho solo trattenuto il breve tempo di poterti guardare negli occhi.
All'improvviso mi ritrovo all'Isolotto. L'ultima casa con i miei. Ho 18 anni e divido la camera con mia sorella. Abbiamo il vizio di spostare i mobili la notte.
Ovvero, siccome non troviamo la camera di nostro gradimento, spostiamo un po' i mobili per sistemarla a nostra immagine e somiglianza. Certo, questo ha comportato vari tentativi, notte insonni e alzate di occhi al cielo da parte della mamma ma tant'è...
E trovo questa immagine.
La biblioteca è verde. Verde verde. Naturalmente zeppa di libri e fumetti. Dalla libreria parte la mia scrivania a dividere la stanza.
Accanto il mobiletto (credo di qualche nonna) con le ante a vetri, anche quello ricolmo di libri.
Altra parte di biblioteca; questa piena delle nostre cassette musicali e del mio (allora) fighissimo stereo ottenuto per l'importantissimo diciottesimo compleanno.
Su un piano su tre c'è una candela, di varia forma e dimensione e generalmente almeno una è accesa.
In questo ricordo alla scrivania non ci sono io. C'è la Laura. Ha la coda e sta studiando. Accanto una tazza di tè (quella del caffè sono io, ricordate?!). Messa nella classica posizione felina da tutti comunemente definita "a pollo" sulla libreria a vetro l'allora gatto di famiglia, Minou. Terribile gatta dall'ancor più terribile carattere, attraverso i graffi della quale son passati tutti gli amici ed i parenti di famiglia.
I nostri vari cani, nel corso degli anni, si erano loro malgrado trovati totalmente assoggettati a questa sanguinaria dittatrice dal pelo nero.
Ecco questo ricordo è vivissimo.
Ma anche questo ricordo meraviglioso all'improvviso sfuma nella nebbia, forse perché è molto tardi e in realtà la nebbia che lo avvolge è quella del sonno.
Può essere.
Quanti ricordi ho intravisto solo in questa breve visita?! Tanti ricordi da cercare, da trovare, da stringere forte.
Mi lascio andare alla nebbia, stavolta a quella che scivola lungo le contrade abitate dai sogni.
Ogni casa una sorpresa.


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